Ventisei ore per ripensarci, ed evitare il peggio. A questo punto il soggetto di cui parliamo non è certo Radio Radio, bensì la piattaforma multinazionale di YouTube.
Già, perché il leviatano dei video a stelle e strisce alle 10.29 di stamattina ci ha ripensato: “Il tuo canale non viola le norme della community“.
Dopo la diffida firmata da Fabio Duranti ieri pomeriggio in cui si intimava al ripristino del canale previa azioni legali, Radio Radio TV è tornato online.

Tutto come prima? No, secondo l’editore, che precisa in diretta a ‘Un giorno speciale’ quanto questo sistema giustizialista e unilaterale nasconda del marcio che non può certo passare inosservato e che dal punto di vista giudiziario non resterà anonimo.
Ecco il suo intervento.

Noi siamo un mezzo concessionario, un mezzo radiotelevisivo concessionario.
Abbiamo autorizzazioni e licenze di Ministero e AGCOM. Passiamo più tempo a completare pratiche che a fare altro. In 42 anni non abbiamo mai subito querele.

Il ripensamento di YouTube

Ieri ci hanno accusato di che gravissime e oggi ritrattano? Da dove derivano queste tue accuse dunque? Perché adesso questo è il tema.
Ora dicono semplicemente “ci siamo sbagliati”. Ma come?
Questo ritengo debba essere un tema che ieri ha riguardato Radio Radio, ma può riguardare chiunque e sicuramente mentre stiamo parlando sta riguardando qualcun altro. Radio Radio è un concessionario pubblico, che ha una reputazione, che ha le spalle larghe e quindi può dimostrare la fantasia di questi giganti della rete, padroni delle comunicazioni. Ma quanta gente non ha la stessa possibilità che abbiamo noi e che viene oscurata?

Vedete a cosa porta la digitalizzazione forzata?

Forse sono stati veloci perché si sono resi conto che più tempo passa e più dovrebbero mettere mano al portafoglio, cosa che comunque faranno, e daremo tutto in beneficienza.
Il problema della famosa “transizione digitale” rimane, ma rimane per tutti.
Questo è il preludio di quello che accadrà. Il problema della transizione digitale obbligata, che oggi vorrebbero le famose task force.

Il marcio dietro un finto progresso

Prima c’era una situazione che dal punto di vista dell’estetica, dell’ecologia, dei consumi e anche della democrazia, che sarebbe stata più vantaggiosa.
Noi abbiamo portato avanti questa battaglia dal ’95 e non l’abbiamo mai conclusa perché si sono sempre messi tutti di traverso, poi sono arrivati i grandi network che hanno preso tutto e i governi hanno seguito queste voci predatorie, quindi questa versione è andata a farsi benedire.

E’ anche giusto spostare tutto su un sistema digitale diverso, cioè quello della rete, ma se la rete non viene controllata? Noi adesso a seguito di questa disavventura chiederemo un incontro al governo, all’ambasciatore del Stati Uniti su questi colossi che vengono qui a imporre le loro regole, monopolizzando l’ascolto audio-video in rete e stipulando contratti con i publisher e stringendo degli accordi con loro che però non esistono: non c’è un interlocutore, sono leviatani senza testa.

Stamattina ci sono arrivate due righe di spiegazione senza neanche una scusa.
Mi hai dato del criminale ieri e oggi mi scrivi “non violi nulla”?
Ci hanno accusato forse del reato più atroce che ci sia, ma non finisce qui
“.


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