…persino Gasperini ci è sembrato meno tarantolato del solito, al confine con la propria area tecnica. Colpa forse dell’Inno nazionale “cantato” da Al Bano, che durante l’esecuzione ci ha dato l’impressione di essere già giunti ai supplementari, un po’ come certi articoli per maschietti che si trovano in farmacia: ritardante per lui.
L’Atalanta, evidentemente, somatizza l’approccio alla Finale, nella misura in cui la Juventus si presenta lucida, agonisticamente famelica e soprattutto ragionevolmente propositiva, nel senso che più la Dea avvolge la Signora, più quest’ultima riesce a gestire con fluidità le proprie transizioni offensive, con il miglior Vlahovic di stagione, non solo per il gol – di alta scuola -, perché ogni volta che ha ricevuto assistenza è riuscito a trovare il corridoio per vie centrali.
All’Atalanta non è riuscito ciò che è stato sempre nella sua natura: arrivare prima sul pallone; questo soprattutto perché chirurgica è stata la Juventus per il posizionamento, la chiusura degli spazi, l’essenzialità di Rabiot nel pilotare il pallone; bravissimo, il francese, nelle due fasi. Gli avvicendamenti di massa di Gasperini portano freschezza e maggiore intensità, ma non aumentano gli spiragli, anzi sovraespongono la Dea a lasciare l’uscio sguarnito.
L’Atalanta dovrebbe intendere l’annullamento della rete di Vlahovic di testa (sarebbe stato un altro gran gol) come un messaggio del destino, ma la Juventus resta padrona del suo, anche se gli orobici potrebbero recriminare sul palo di Lookman, fino a che Miretti non pareggia il conto dei legni con un missile che batte sulla parte inferiore della traversa.
Detto che le palle più pericolose sono quelle che Yildiz non riesce a proteggere da Toloi, alla fine la Coppa l’abbraccia chi l’ha meritata dall’inizio e, anche se a molti non piacerà questo finale, sul trofeo oltre al nome della vincitrice andrebbe inciso anche quello di Massimiliano Allegri: questa vittoria vede brillare i suoi merito per come l’ha preparata, gestita, letta in corso d’opera questa Finale.
Pur senza giacca, cravatta, quasi pure la camicia.
Paolo Marcacci