Di Bella, come siamo arrivati alla donna indagata per la morte di Nereo

"Da una serie di filmati abbiamo ricostruito l'ipotetico percorso dell'auto – racconta Di Bella – dopo una serie di appostamenti abbiamo trovato la persona"

Indagata una donna di 56 anni per la morte di Nereo Gino Murari, il clochard molto amato travolto da una pirata della strada lo scorso 7 gennaio. Il Funzionario Gabriele Di Bella, coordinatore del gruppo di investigazione, è intervenuto a “Un giorno speciale”.

Quando le abbiamo chiesto i documenti ha cominciato a vacillare – racconta Gabriele Di Bellaabbiamo rivisto nella manovra di arrivo di questo veicolo la persona che avevamo visto nei giorni precedenti nei video“.

Da una serie di filmati abbiamo ricostruito l’ipotetico percorso dell’auto in assenza dell’omicidio stradale – spiega – ci siamo chiesti: a quell’ora le probabilità di direzione di questo veicolo quali potevano essere?” Grazie alla visione delle immagini lungo tutto il percorso, il gruppo di investigazione è risalito al triangolo di Via Toscana, Sicilia e Abruzzi. “Con il supporto di altre strutture di Polizia – continua – abbiamo individuato il civico dove il veicolo si è fermato e dopo una serie di appostamenti abbiamo trovato la persona.

La donna avrebbe fornito due diverse versioni dell’accaduto: in un primo momento avrebbe dichiarato di non essersi accorta di aver investito qualcuno, ma l’indagine ha fatto emergere una sostituzione del parabrezza dell’auto proprio nei giorni successivi. La nuova pista l’ha costretta, allora, ad una seconda versione: “Ero io alla guida dell’auto – si legge sul Messaggero – ma non mi sono accorta di niente”.

Il sospetto è che la donna stia coprendo qualcuno, ma su questo Di Bella non si sbilancia: “Posso rispondere solo per quella che è stata la ricostruzione prima dell’incidente – spiega – la Procura si avvarrà adesso dei tecnici per la compatibilità dei danni e la verifica di eventuali attività svolte sul veicolo”.

Leggeva, non disturbava nessuno – racconta di Nereo Marco Guidi – viveva in tenda, in compagnia della sua cagnetta, e non accettava soldi, tutt’al più un caffè o un panino”.

“L’auspicio – chiude Vergovich è che i sistemi di indagine adottati in questa operazione possano essere utilizzati sempre”.