Se n’è parlato tanto negli ultimi giorni, ma sulla questione del Franco CFA, la moneta delle colonie francesi, qualcuno indagava già da tempo. Ne abbiamo parlato insieme a Francesco Vergovich con il giornalista Filippo Barone, autore del reportage “Franco CFA, il paradosso africano della moneta forte in un’economia debole” mandato in onda sui canali del servizio pubblico RAI – in tarda notte – già lo scorso novembre.
“La prima informazione mi è stata data da un economista – racconta Filippo Barone – ed entrambi non ci avevamo creduto. Ho 45 anni e per 45 anni ho visto informazioni su come aiutare l’Africa, sulle loro difficoltà e sugli enormi sforzi economici che facciamo per aiutarli, ma mettiamo l’acqua in una pianta secca“.
Ciò che mostra il servizio di Barone è chiaro: la moneta subsahariana viene stampata in Francia ed è controllata in tutti i suoi passaggi dal governo francese. Ogni anno arrivano da tutta Europa oltre 7 miliardi di euro di sostegni umanitari, ma il denaro viene inviato alle banche centrali africane dove poi viene diviso: almeno il 50% deve restare al Tesoro francese a garanzia del cambio fisso tra il CFA e l’Euro, obbligo che, ci spiega il giornalista, è scritto nero su bianco tra le informazioni fornite dalla Banca Centrale Francese.
“Quello che mi ha scandalizzato di più – spiega il giornalista – è stato scoprire come loro avessero dei pesanti legacci sull’economia e quindi la loro impossibilità di crescere. Non mi sembrava possibile che un paese europeo li condizionasse in tal modo. Il mio interrogativo è stato: ma è vero che qualsiasi aiuto mandato in Africa poi non ha la possibilità di farla ripartire, di farli crescere?”
Il reportage originale di Filippo Barone andato in onda su RAI2
Il gap sta nel fatto che i salari sono bassissimi, da un minimo di 100 euro al mese a un massimo di 220, e i prodotti hanno dei prezzi molto alti. La scoperta peggiore, poi, riguarda prodotti locali: tra coltivare le cipolle e prenderle dall’Olanda, importarle costa sempre molto meno. Questo accade anche perché per mettere in piedi delle coltivazioni serie sono necessari degli investimenti e nonostante i vari sistemi di agevolazioni previsti, i prestiti non vengono mai erogati: tassi di interesse altissimi, dal 15 al 24%, e garanzie insostenibili.
“La cosa che colpisce di più è proprio il sistema dei prezzi – continua Barone – Le famiglie lì sono allargate e sono costrette a fare le collette per comprare delle cose. Una piccola classe benestante c’è, ma quasi tutta orbita intorno alle ONG e agli organismi internazionali. C’è un’economia minima, ma non riguarda la stragrande maggioranza della popolazione”.
Argomenti scottanti che certamente hanno dato fastidio a qualcuno.
In rete c’è chi conferma e chi smentisce e viene il dubbio che le ultime dichiarazioni di Massimo Amato, Docente dell’Università Bocconi di Milano intervistato nel reportage di Barone, possano essere il frutto di pressioni esterne. “Non so se abbia subito pressioni – spiega il giornalista – ma posso dire che tanti intervistati mi hanno parlato di un clima ostile. C’è imbarazzo e del resto è chiaro che l’ambasciata non abbia gradito, e non ha risposto a nessuna domanda”.
Sulle smentite, infine, Filippo Barone dichiara: “C’è un problema legato al fenomeno immigrazione, hanno smentito dicendo che sono pochi quelli che vengono in Italia da posti in cui si ha il Franco CFA, ma è ovvio! Parlano francese, è normale che non sia l’Italia la loro prima meta”.
Fabio Duranti