Tre anni senza Giulio Regeni

A distanza di tre anni dal sequestro e l’uccisione di Giulio Regeni, nonostante la cortina di silenzio e di depistaggi calata dal Cairo sulla vicenda, una prima importante svolta è arrivata lo scorso 4 dicembre, quando la Procura di Roma ha indagato cinque 007 egiziani. Grazie alle indagini condotte dai carabinieri del Ros, dallo Sco, e all’apertura dell’indagine dei pm capitolini, si è giunti ai nomi di chi il 25 gennaio di tre anni fa avrebbe sequestrato il giovane ricercatore italiano mentre si trovava in una stazione della metropolitana: Regeni, in Egitto per fare una ricerca sui sindacati di base per conto dell’università di Cambridge, nelle ore successive è stato torturato e ucciso e il suo corpo fu ritrovato il 3 febbraio sulla strada che collega Il Cairo con Alessandria d’Egitto.

Un dato certo è che il ricercatore friulano è stato tradito dalla sua ‘fonte’: Giulio infatti stava andando a incontrare Mohamed Abdallah, leader del sindacato degli ambulanti, che però denunciò Regeni come spia alle forze di sicurezza egiziane, facendo così scattare l’apparato di controllo. E’ l’11 dicembre 2015 quando il dottorando italiano si accorge di essere pedinato e fotografato da uno sconosciuto durante un’assemblea sindacale. Meno di un mese dopo i servizi segreti utilizzano lo stesso Abdallah come ‘esca’ facendogli indossare un registratore durante gli incontri con Regeni. Negli ultimi giorni di vita, in particolare dal 22 gennaio, Giulio viene costantemente pedinato fino al 25, quando il ricercatore italiano sparisce nel nulla, fra le migliaia di persone che ogni giorno prendono la metro nella capitale egiziana.

La magistratura italiana ha tentato finora di fare luce su questo omicidio anche giocando la carta del dialogo e della collaborazione con gli omologhi egiziani ma dopo oltre dieci incontri dal Cairo sono arrivate solo parole formali e di cortesia. Nel frattempo però gli inquirenti italiani sono andati avanti e nel registro degli indagati sono finiti alti ufficiali dei servizi segreti civili e della polizia investigativa d’Egitto, accusati dal Procuratore capo Giuseppe Pignatone e dal sostituto Sergio Colaiocco di sequestro di persona. Si tratta del generale Sabir Tareq, dei colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, del maggiore Magdi Sharif e dell’agente Mhamoud Najem. Per la Procura, sicuramente, hanno operato per mettere sotto controllo Giulio. 

Dal Cairo però non sembra arrivare collaborazione, anzi. Proprio nei giorni scorsi la Procura di Roma ha aperto un altro fascicolo, contro ignoti, sulle pressioni ricevute al Cairo dal consulente egiziano della famiglia Regeni, il quale è stato convocato da appartenenti alla National Security per avere informazioni sul lavoro svolto dai legali italiani. Nonostante le difficoltà investigative e i depistaggi, la magistratura capitolina e gli investigatori stanno riuscendo a penetrare la cortina di silenzio, ora però sarebbe il caso che anche dal mondo della politica ci si batta per chiedere e pretendere la verità su un giovane italiano  sequestrato e barbaramente ucciso in un Paese ‘amico’.