“Forse Baglioni doveva ascoltare meglio le canzoni – commenta Red Ronnie – Hanno escluso Caramelle dei Dear Jack e Pier Davide Carone perché era troppo bella, sapevano che avrebbe vinto e non c’era interesse!”
Polemiche fortissime intorno al vincitore di Sanremo 2019: scelta politica o artistica? Ai microfoni di Radio Radio il punto con Michele Monina, Ernesto Assante e Red Ronnie.
Due conduttori, ciascuno rappresentante di ognuno dei macro filoni su cui si struttura la polemica della vittoria sanremese. Stefano Molinari sulla via della scelta politica: “La vittoria di Mahmood è dettata da interessi d’opposizione, un messaggio rivolto a Salvini”. Luigia Luciani invece sostiene il cantante: “Sono inorridita dai commenti della gente sulle sue origini egiziane. La strumentalizzazione politica è stata fatta dopo, hanno fatto di lui un manifesto”.
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“Per quanto mi riguarda il Festival di Sanremo di quest’anno è stato vinto da ‘Caramelle’ dei Dear Jack e Pierdavide Carone – commenta Red Ronnie – essendo troppo bella avrebbe creato dei problemi, avrebbe vinto e non c’era interesse. Per questo non l’hanno ammessa al Festival!”
Il meccanismo che si cela dietro il festival della canzone non stupisce il critico e conduttore: “Era già deciso – spiega – doveva vincere Ultimo, ma non poteva per le polemiche, per cui hanno fatto vincere Mahmood”. Il Festival a suo giudizio non è da considerarsi né canoro né politico perché “segue le regole dello show televisivo: la musica viene solo usata per fare audience, business e interessi”.
Anche Michele Monina non ha dubbi: “Mahmood ha vinto per questa storia del conflitto di interessi, serviva qualcuno che non fosse Ultimo”.
Nel posto giusto al momento giusto secondo il giornalista, che sul regolamento e le tecniche di voto non fa sconti: “Le canzoni potevamo anche non sentirle, era un’operazione fatta a tavolino. Lo sanno tutti che in sala stampa ci sono dei pesi che spostano i voti, gli influencer esistono da ben prima che diventassero popolari”. E quello che indigna di più il critico al punto di fargli abbandonare ogni desiderio di accedere alla sala stampa sanremese è il fatto che “un giornalista musicale che non è un critico ed è rappresentativo tanto quanto qualcuno che vota da casa abbia un peso del 30% sulla scelta di un vincitore”.
Secondo Ernesto Assante invece il messaggio politico, se c’è, è nella figura di Claudio Baglioni: “Lui rappresenta quello che l’Italia potrebbe essere, un paese che potrebbe vivere in allegria avendo opinioni e gusti musicali differenti!”
Il suo preferito era Achille Lauro, ma il giudizio sull’intero Festival è certamente positivo: “Non si è apprezzato abbastanza il fatto che il Festival avesse ‘la musica’ tutta insieme… Da Il Volo ad Achille Lauro, due mondi in teoria distanti che invece sono riusciti a convivere sullo stesso palco magnificamente! Hanno costretto le nonne a vedere Achille Lauro e i ragazzini a vedere Il Volo. Secondo me è un bene”. Sulla polemica invece ironizza: “Mahmood nella canzone se la prende col padre egiziano, per una volta che uno che se la prende con un immigrato Salvini dovrebbe essere contento!“