Troppo tardi, troppo poco. L’Italia perde a Edimburgo al cospetto
della Scozia 33-20 in un esordio nel Guinness Sei Nazioni 2019 che
mostra due facce della squadra di O’Shea. La prima, inquietante,
durata 70′ nei quali abbiamo visto l’Italia del passato, quella che
non vogliamo più vedere, e a poco serve il racconto di un’ultima
settimana che ha visto mezza squadra debilitata da un’epidemia
influenzale.
Abulici, perdenti nei confronti uno contro uno, maledettamente sereni nell’accettare l’ormai insopportabile “onorevole sconfitta”, come se la superiorità avversaria sia ineluttabile, gli Azzurri girano per il campo guardando gli avversari giocare un rugby didascalico, piatto ma sufficiente a batterli facilmente: semplicemente inaccettabile. Poi, purtroppo ormai già sul 33-3, negli ultimi 10′ la partita ci ha mostrato, e ringraziamo agli dei del rugby, l’Italia del futuro. Quella dei Ruzza, fantastici i suoi minuti in campo, dei Pasquali, dei Traorè, dei Padovani e anche di Campagnaro che, finalmente con qualche pallone in mano, ha suonato la fanfara che ha fruttato le tre mete italiane nel finale. Palazzani al 71′, Padovani al 75′ e Esposito al 78′ hanno solo in parte mitigato l’amarezza dei primi 70′ mostrando però chiaramente la via che deve percorrere O’Shea senza più esitare.
Per la prossima battaglia di sabato 9 all’Olimpico contro il Galles ci aspettiamo di vedere in campo dall’inizio i giocatori degli ultimi 10′ di Edimburgo, e ci aspettiamo anche la convocazione di Michele Lamaro, l’ex leader dell’U.20, che nel Benetton sta facendo miracoli. Se si deve perdere, che si perda con i cuori forti in campo, con il sangue giovane che scorre sotto la maglia azzurra in grado di rivitalizzare lo spirito di una squadra che in molti elementi ha già dato il meglio e che ha perso troppo per sperare ancora nella vittoria, magari con un paio di
giocatori esperti in campo (Parisse, Budd, Ghiraldini, Zanni?) e gli
altri in panchina pronti a dare un’ultima mezz’ora di qualità.
Alessandro Fusco