No, non è una fake news e nemmeno uno scherzone del web: sbattezzarsi si può e i motivi per farlo sono più seri di quanto sembri.
Da che ne abbiamo memoria, il Battesimo è quel sacramento che ci apre ufficialmente (o quantomeno potenzialmente) le porte del paradiso. “Una volta liberi dal peccato originale – spiegano i testi della catechesi – si diventa membra di Cristo, ci si incorpora alla Chiesa e si è resi partecipi della sua missione”. Ciò che non convince l’UAAR, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, è come un bambino nato da pochi giorni possa essere reso partecipe di questa missione.
“Si potrebbe considerare un reato – afferma il coordinatore del circolo UAAR di Roma Roberto Sabatini – è circonvenzione di incapace!” Un bambino, insomma, non può essere in grado di decidere se aderire o meno a un credo religioso e per tale incapacità andrebbe tutelato almeno fino ai 18 anni.
La soluzione a questo problema l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti l’ha trovata: lo Sbattezzo.
Prima di tutto cerchiamo di capire di cosa si tratta: nel momento in cui veniamo battezzati il nostro nome compare “di diritto” all’interno dei registri parrocchiali. Questi libri contengono una sorta di schedatura della vita religiosa di ognuno di noi che inizia proprio dalla registrazione di avvenuto battesimo. Nel corso degli anni poi viene compilata con tutte le annotazioni sui sacramenti che riceviamo (comunione, cresima, matrimonio e così via).
Il battesimo, in quanto evento effettivamente avvenuto, non si può cancellare. Se però il nostro desiderio è quello di non essere più considerati parte del mondo cattolico possiamo chiedere di far scrivere in questi registri “la nostra volontà di non appartenere più alla Chiesa” e per farlo basta un semplice modulo!
Ma perché sbattezzarsi?
Oltre a farne una questione di libertà personale e di tutela di questo diritto, l’UAAR pone l’attenzione su alcuni “casi” di vita quotidiana in cui lo sbattezzo può fare la differenza.
“Se si è battezzati e capita di dover lavorare anche saltuariamente in Paesi come la Germania o l’Austria – si legge sui canali ufficiali – si finisce per essere tassati per la propria appartenenza alla Chiesa cattolica e in modo assai salato, anche 60 euro al mese”.
E ancora, per non essere considerati cattolici dalla stessa legge italiana, come accaduto nel 1958 a una coppia di battezzati che decise di sposarci civilmente. Il vescovo di Prato li definì pubblicamente “peccatori e concubini” e la coppia subì gravi danni economici, rispetto ai quali, pur intentando una causa al vescovo, non ebbero alcun risarcimento perché “formalmente cattolici”.
Pensate poi se si fa parte di gruppi “maltrattati” dalla Chiesa cattolica, come omosessuali, conviventi, divorziati o le donne nel caso specifico dell’aborto.
Insomma, l’elenco UAAR ne ha per tutte le ideologie e per tutte le opinioni.
Benedetta Intelisano