Venezuela tra stop e moniti

Diciannove Paesi dell’Ue hanno riconosciuto Juan Guaidò come presidente del Venezuela. L’Italia non è tra questi, nonostante sia intervenuto anche il presidente della repubblica Mattarella per il quale “non ci può essere incertezza né esitazione nella scelta”. Il problema è un esecutivo diviso, che per la seconda volta in pochi giorni ha bloccato una dichiarazione congiunta della Ue sul tema. Una dichiarazione in cui l’Unione europea “ribadisce il suo sostegno all’Assemblea nazionale del Venezuela e al suo presidente, e, in accordo con le procedure interne e le prerogative nazionali, i singoli Stati membri dell’Ue riconosceranno Juan Guaidò, presidente dell’Assemblea nazionale, come presidente ad interim del Venezuela, per portare il Paese verso elezioni libere, giuste e democratiche, in linea con le norme della Costituzione del Venezuela”.

Le divisioni all’interno della maggioranza fanno sì che il risultato è che il governo non ha una posizione netta e chiara. Pertanto, in assenza di una sintesi, la dichiarazione è stata bloccata. La decisione di non approvare la dichiarazione a 28, bloccandola, non è il prodotto di una sintesi, ma di una sottrazione: una parte del governo è contraria a quella che ritiene un’ingerenza negli affari interni venezuelani, un’altra propende per Guaidò (basti citare le parole del sottosegretario Guglielmo Picchi: “Maduro lascia subito, non ti riconosciamo come presidente. Elezioni subito”).

Il risultato di questa divergenza è che l’Italia sceglie di bloccare una dichiarazione a 28 sul Venezuela che arriva a un passo dal riconoscere Guaidò come presidente ad interim, superando a sinistra (ammesso e non concesso che “sinistra” sia la definizione appropriata per il regime di Maduro) anche la Grecia di Alexis Tsipras, il cui viceministro degli Esteri Georgios Katrougalos ha sottolineato che “come Grecia dobbiamo continuare a spingere per una posizione unita dell’Ue, in conformità con i nostri principi”. Il risultato di questa sottrazione è oggettivamente un punto favore della non ingerenza, e quindi di Maduro, e pertanto di fatto prevale la linea di una parte della maggioranza, anziché una sintesi delle due posizioni. Ora, anche se il ministro degli Esteri rumeno Teodor Melescanu ha annunciato una nuova dichiarazione a 28 sul Venezuela, eventualità che altre fonti danno per molto improbabile, che cosa succederà non è chiaro. I Paesi che hanno deciso di riconoscere Guaidò come presidente ad interim potrebbero anche decidere di procedere autonomamente. Nuove versioni del testo, per ora, non ne circolano.

Palazzo Chigi – “L’Italia appoggia il desiderio del popolo venezuelano di giungere nei tempi più rapidi a nuove elezioni presidenziali libere e trasparenti, attraverso un percorso pacifico e democratico, nel rispetto del principio di autodeterminazione”, si legge in una nota di Palazzo Chigi che aggiunge: “È urgente intervenire subito per alleviare le sofferenze materiali della popolazione e per consentire l’immediato accesso agli aiuti umanitari. Va inoltre garantita la sicurezza dei cittadini astenendosi da ogni forma di violenza e va garantita la libera e pacifica manifestazione del dissenso e della protesta, senza alcuna forma di coercizione”. “L’Italia parteciperà attivamente ai lavori del Gruppo di contatto internazionale, attraverso il suo ministro degli Esteri, a partire dalla prima riunione fissata per il 7 febbraio a Montevideo”, fanno sapere dalla presidenza del Consiglio.

Mattarella – “Quella del Venezuela è una condizione particolarmente rilevante anche per l’Italia, perché il legame tra Italia e Venezuela è strettissimo, per i tanti italiani che vivono in Venezuela e per i tanti venezuelani di origine italiana. Questa condizione ci richiede senso di responsabilità e chiarezza su una linea condivisa, con tutti i nostri alleati e tutti i nostri partner dell’Unione europea”, ha affermato il presidente della Repubblica che ha aggiunto: “D’altronde nella scelta che si propone non vi può essere né incertezza né esitazione: la scelta tra volontà popolare e richiesta di autentica democrazia da un lato e dall’altro la violenza della forza e le sofferenze della popolazione civile”.

Salvini – Sul Venezuela “non stiamo facendo una bella figura”. “Ci sono sensibilità diverse, una parte di nostri alleati ritiene che bisogna essere più prudenti”, ha spiegato il ministro dell’Interno. “Maduro ha finito il suo mandato il 10 gennaio, Guaidò ha deciso di autoproclamarsi presidente, lo prevede la Costituzione. C’è un problema di diritti umani”. “Io – ha poi aggiunto lanciando la stoccata al pentastellato Di Battista, che pochi giorni fa gli ha intimato di “non rompere i coglioni” – per trovare un accordo ci sono, su Tav e Venezuela sono convinto che l’accordo si trova, ma invece se qualcuno preferisce darmi del rompicoglioni, le cose si fanno complicate”.