Nicolò Barella ha ventidue anni, non molto alto (bassino, in realtà), cagliaritano e glielo leggi anche in faccia: sembra uno dei quattro mori. È un Tardellino. Può rubare la palla, lanciarla, correre per due. Tira poco in porta e raccoglie troppe ammonizioni. Va bene, non è perfetto, ma può ancora migliorare.
Di sicuro ha la personalità per imporsi. Certe volte chiede anche troppo a se stesso. Lo convocò già Ventura, senza utilizzarlo. Per dire che non è nato a Udine.
Contro la Finlandia è stato il migliore. Ha tirato una volta e ha fatto gol. Con una deviazione, d’accordo, ma il colpo al volo è stato molto bello. Traditore e improvviso, diremmo. Il primo neo è cancellato. Per gli eccessi fisici vedremo che si può fare.
Si trova benissimo nel centrocampo italiano. I suoi compagni di reparto giocano la palla mille volte e raramente affondano. Nicolò è l’italiano di una volta: legna in cascina e palla in avanti. L’opposto del tiki taka proposto dagli altri.
Barella deve ancora capire se stesso e poi dircelo. Regista non mi pare. Sprecherebbe la sua corsa. E poi si accende e si spegne, il che non va per chi tiene il volante. Trequartista? Riduttivo e poi sempre quella storia del tiro. Centrocampista esterno nei tre, dunque. Quando farà l’ultimo passo, Tardellino perderà anche il diminutivo.
Roberto Renga