Caduta l’ipotesi di avvelenamento, ora l’attenzione si sposta sulla concentrazione di metalli negli organi di Imane Fadil, la testimone chiave dei processi Ruby, morta per cause ancora da accertare. E’ questa l’ipotesi, insieme alla possibilità di una malattia autoimmune, di fatto quella che più prende quota negli ambienti investigativi, che resta sul tavolo degli inquirenti che indagano per omicidio volontario contro ignoti.
I carotaggi, eseguiti su fegato e reni, hanno “escluso la presenza di tracce di radioattività”, fanno sapere gli esperti che hanno eseguito le analisi nel laboratorio di Medicina legale, ora bisognerà attendere anche i risultati dei tecnici dell’Enea – una seconda verifica per eliminare ogni ipotetico margine di errore – prima di procedere all’autopsia (forse già sabato) che sarà eseguita dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo.
L’autopsia si concentrerà sull’analisi dei metalli presenti negli organi della ragazza, che con le sue rivelazioni ha fatto luce sul ‘Bunga bunga’ nella villa di Arcore dell’ex premier Silvio Berlusconi. Le analisi sul sangue trasfuso due volte e sulle urine hanno restituito “valori alti, ma non letali” rispetto a cinque metalli – tra cui cadmio, cromo, molibdeno e antimonio “quest’ultimo cento volte superiore” alla norma – ma saranno gli organi, intatti, a restituire i valori ‘di partenza’ delle sostanze sospette, alcune delle quali non sarebbero così difficili da reperire.
“Il suo stile di vita non giustifica valori particolari di metalli”, non anomali invece per chi lavora per anni a contatto con certe sostanze. Resta da capire questa anomalia, che tuttavia potrebbe non essere la causa diretta del decesso.
Non si esclude, anzi si rafforza, l’ipotesi che l’ex modella fosse affetta da una malattia rara, autoimmune, che potrebbe essere stata ‘attivata’ magari da un batterio e che i medici dell’Humanitas, dove Imane Fadil è stata ricoverata dal 29 gennaio all’1 marzo (giorno della morte), non sono riusciti, nonostante tutti gli sforzi, a diagnosticare