L’Inter era parsa sottozero contro l’Eintracht. In crisi? Magari. Peggio, molto peggio. Una non squadra, senza testa, senza energie, senza gioco. Dunque vittima predestinata nel derby? Tutt’altro. Come spesso accade in partite di questo tipo la squadra che perde prima, vince dopo. Da sfavorita a favorita per tradizione.
Il primo tempo dell’Inter è stato un esempio di calcio offensivo, di pressing, di agonismo. In più quel Vecino che fa una partita buona e una cattiva. Stavolta una partita ottima. Per posizione alle spalle di Lautaro, per proiezioni, per scelte tattiche e tempismo.
Ma è stata tutta l’Inter a sorprendere spettatori e avversari. Milan disorientato e sorpreso: ma non dovevano essere al lumicino questi? Non lo erano. Hanno trovato, i nerazzurri, energie che neppure sapevano di aver nascosto da qualche parte.
Il secondo tempo un’altra partita. Al di là del rigore sul filo dell’area, soprattutto Milan, per forza e per disperazione. Inter dietro e difesa perforata due volte su palla inattiva. Una rarità per difensori così alti. In compenso l’Inter ha concesso poco sugli esterni, nonostante la notevole spinta milanista, che avrebbe travolto avversari più morbidi.
Ovviamente non c’era Icardi, ma grazie alla prova di Lautaro e Perisic pochi se ne sono accorti e ricordati. Ora l’Inter non ha in cassaforte, ma quasi, la qualificazione Champions. Lazio e Roma dovranno fare la corsa sul Milan, che comunque esce vivo e vegeto dal derby. Spalletti, sull’agitato perenne, è stato espulso. Stranamente ha resistito Gattuso.
Roberto Renga