Diceva un vecchio saggio del football: quando si cambia allenatore e la squadra vince, significa che l’allenatore medesimo non c’entri nulla, così come non c’entrasse il licenziato predecessore. E’ accaduto questo all’Olimpico, là dove la Roma ha battuto l’Empoli svolgendo un compito in classe da sei meno meno meno, soffrendo anche per le assenze e poi per gli infortuni, in corso dei lavori, di Zaniolo e di Schick, ultimi arrivati nell’ospedale di campo giallorosso,mentre l’Empoli stuzzicava la sedicente difesa romanista, graziata dal Var.
L’arrivo di CR1 ha attirato oltre trentacinquemila allo stadio, per affetto e nostalgia, la Roma ha tenuto alta la testa per un pezzo di partita con la freschezza di Kluivert e l’improvvisa forza di Schick che è andato al gol con uno stacco e una frustata di testa potente e prepotente, dopo il vantaggio bellissimo di El Sharaawy e il pareggio toscano su un autogol sciagurato di Juan Jesus che nonostante nome e cognome non fa mai un miracolo. Abituato al ritmo della Premier, Ranieri ha rischiato l’abbiocco osservando l’andamento lento del football nostrano, pieno di errori ed omissioni.
Il secondo tempo dei suoi imprecise e impauriti, ha ribadito il vizietto romanista di certo con l’alibi delle due ore sul campo portoghese che ha avvelenato muscoli e testa. Nella “gnagnera” totale, Maresca arbitro, ha voluto lasciare traccia, con l’espulsione, per doppia ammonizione, di Florenzi, per un fallo virtuale più che reale. La Roma è stata infine salvata dal Var che ha tolto il pareggio dell’Empoli per un tocco (involontario) di avambraccio di Oberlin. Ranieri ha vinto. Non importa come. Importa che.
Tony Damascelli