Un ragazzo di nemmeno vent’anni, ormai da qualche mese avvezzo agli onori delle cronache, pur sempre un teenager. Partita appena conclusa, lui uscito un po’ prima del termine perché ancora parzialmente debilitato o quantomeno affaticato da un virus influenzale patito in settimana. Ha segnato, è stato comunque protagonista di una partita complessivamente non indecente della Roma.
Ci sta che il bordocampista di turno, alla quarta domanda, dopo avergli chiesto del gol e della prestazione, chieda lumi anche su come stia procedendo la questione del rinnovo contrattuale.
Il ragazzo dice un paio di cose, forse con eccesso di diplomazia o restando un po’ troppo abbottonato, per così dire, circa la prosecuzione del suo rapporto con la Roma. Omette, agli occhi e alle orecchie di qualcuno, di precisare che lui ama la Roma e che non vorrebbe mai lasciarla. Ci piace ricordare e precisare che i campioni che sono sistematicamente andati via prima di lui lo hanno invece sempre detto: questo non ha mai aiutato la causa della loro permanenza. Con l’eccezione di Edin Dzeko che si impuntò, nucleo familiare al seguito, pur di rimanere.
Era forse ovvio che ne scaturisse un piccolo (piccolo?) caso giornalistico, ma è importante enucleare le ragioni di questa ovvietà: non è Zaniolo ad aver detto cose sbagliate o, più che altro, non detto ciò che avrebbe alimentato il minimo sindacale di speranza dei tifosi.
È il nervo scoperto dei romanisti, in tema di cessioni eccellenti e impoverimento della rosa, a essere sempre più scoperto.
A “fare il vago”, come hanno detto in tanti, non è certo il ragazzo. Lui, peraltro, ne ha ancora tutto il diritto.
Paolo Marcacci