Ci sono in ballo giornate di campionato e punti da contendere al Milan, minuto dopo minuto, per sapere di quale Europa i giallorossi faranno parte. Contemporaneamente, si ragiona sul prossimo tecnico, sul prossimo DS, su quanto queste due figure dovranno essere legate, sulle suggestioni di Franco Baldini e sui loro influssi condizionanti; sulle reali possibilità che Antonio Conte possa prendere in considerazione una proposta proveniente da Boston; sulle possibilità di Campos di svincolarsi dal Lille e sulla sua operatività a Partita IVA, per così dire; sull’affidabilità autoctona di Petrachi; su Sarri o su Giampaolo come ipotesi più praticabili per la panchina; su…
E sul ruolo di Totti?
Ecco che le espressioni si fanno incerte, gli sguardi puntano a terra, la salivazione di chi ha parlato e straparlato di ogni problematica romanista si asciuga in un millesimo di secondo. Ossia: si fanno tutte le ipotesi possibili e immaginabili, dal risultato di dopodomani a San Siro fino alla nuova scrivania con pianta di ficus accanto di Massara; solo quando si parla dell’uomo più importante della storia del club sembra che sia sconveniente persino ipotizzare una sua promozione, un allargamento della sua operatività, una sua crescita in quanto a rappresentanza o competenze.
Non è una provocazione; potrà sembrare tale a chi parte prevenuto rispetto a questo discorso. Qua si ragiona partendo da un assunto, che almeno a giudizio di chi scrive è indiscutibile: un personaggio dell’importanza e sell’appeal di Totti, in rapporto alla storia del club, non lo ha nessun’altra società. Non regge nemmeno il paragone di Zanetti all’Inter. Eppure, da più parti lo si definisce “ingombrante”, invece che importante o prestigioso. Non è forse, questo, un pregiudizio? Non è, anche, un qualcosa che dovrebbe generare disappunto e malinconia nella maggior parte dei tifosi della Roma?
Quando si ha la possibilità di avere Totti all’interno del proprio organigramma, il ruolo glielo si cuce addosso su misura, viste le sue peculiarità e la rappresentatività che esercita ogni volta che si accende una telecamera. Di conseguenza, non può essere una fonte di imbarazzo la sua pretesa legittima di una crescita dirigenziale nella Roma. A tutti quelli che continuano a dire: “Deve studiare, prima“, magari senza saper indicare cosa dovrebbe studiare, si potrebbe chiedere come facciano a essere sicuri che non lo stia già facendo.
Al termine di queste brevi riflessioni, ci sentiamo di dire che è anche giunto il momento che sia Totti stesso a pronunciarsi, a fare luce sulle sue velleità, sulla sua delusione più che giustificata, su quelle che possono essere le sue aspirazioni dirigenziali più che giustificate.
In caso contrario, continueranno a chiedergli di metterci la faccia quando accadrà qualcosa di parecchio fastidioso a livello arbitrale, o a digitare il numero dei suoi amici allenatori per fungere da ambasciatore di Pallotta: sembra irriguardoso a noi, figurarsi a lui.
Paolo Marcacci