Bandiere sfortunate: De Rossi e gli altri addii forzati

Esistono bandiere fortunate e bandiere sfortunate. Purtroppo è così, dobbiamo farcene una ragione, anche e soprattutto alla luce di quanto è accaduto negli ultimi giorni. “Avrei soltanto voluto che mi dicessero ‘gioca ancora’“, “mi sarei accontentato di essere utile per 15-20 partite“. Lo ha detto De Rossi in conferenza, a suggellare la sua appartenenza alla seconda categoria di bandiere, quelle che vengono staccate quando non tira più il vento della gratitudine, ma il cui tessuto non è ancora, neppure sgualcito.

Poi vengono raccolte dai tifosi, feriti nel vedere quello spazio vicino al cielo inesorabilmente vuoto. Per quale motivo, non si sa. Si possono fare solo delle ipotesi, ma sapere di chi è la colpa non colma il vuoto, non genera che emozioni ancor più negative.
Allora chi ha staccato al bandiera commette una sorta di delitto agli occhi dei supporter. Stacca quel simbolo praticamente privandolo precocemente allo sport, perché il calcio è fatto di emozioni che quello sventolio suscitava come nessun altro buon giocatore sarebbe riuscito a a fare.

Non è il solo caso quello di De Rossi, lo dicevamo. Altri precocemente sono stati strappati dal campo. Cambiano i modi, chiaramente, forse un po’ troppo irriverente quello con cui il “Capitan Futuro” è stato liquidato.
In questo senso si tratta di un addio non paragonabile a molti altri, ma pochi capiscono la situazione come chi ne viene privato: vera situazione da analizzare. Tanti sono stati i fedeli (sempre più trattati da clienti) che hanno pianto troppo presto i loro campioni. Presto in confronto a quanto pensavano, presto perché certe stelle sono luminose in panchina, in campo e in tribuna, e potrebbero restarvi per molto più tempo.

Il caso di Del Piero

E’ il caso di Alessandro Del Piero, uno dei principali termini di paragone della vicenda del calciatore romano e romanista. L’indimenticata bandiera della Juventus firmò il suo ultimo contratto annuale in bianco, ma il suo saluto alla squadra e alla tifoseria bianconera non fu probabilmente un commiato deciso da lui. “Non mi sento ancora di smettere” disse più volte in quel maggio del 2012, in cui lo scudetto appena conquistato fu il giusto compenso alla sua carriera, ma non un pretesto per i tifosi per dimenticarlo celermente.

Il silenzioso saluto a Marchisio

Restando alla Continassa, un simile trattamento è stato riservato a Claudio Marchisio.
Dopo aver donato l’intera sua carriera ai colori bianconeri (anche più di Del Piero) il centrocampista torinese fu ceduto perché ritenuto non più funzionale come prima al progetto della squadra. Obiettivamente Marchisio subì diversi infortuni nell’ultimo periodo italiano, ma i supporter bianconeri a fatica accettarono un saluto così freddo e razionale da parte dell’ambiente.

Signori-Lazio: quasi un addio

Un addio che sarebbe stato il più doloroso e inaspettato della storia del calcio avrebbe potuto essere quello di Beppe Signori alla Lazio, se Dino Zoff non fosse uscito in scioltezza intervenendo sull’affare concluso da Cragnotti. Fu la prima trattativa bloccata da una rivolta dei tifosi, quella di Signori al Parma: alla fine se ne andò Cragnotti, che salutò repentinamente nella stessa serata.

Il Barça vende Maradona

«Mi stanno uccidendo, non possono più tenermi in questa incertezza. Il Barcellona deve decidere prima possibile se tenermi ancora oppure no. Ormai mi sembra quasi tutto fatto, tra l’altro l’offerta del Napoli non può che essere considerata ottima.»
Non sono le parole di un dilettante ma di sua maestà Diego Armando Maradona, lasciato andare dal Barcellona con una semplicità disarmante.
L’infortunio che Goikoetxea gli procurò nella medesima stagione probabilmente non aiutò ad evitare la situazione, visto che el Pibe de Oro fu costretto a non giocare per diverso tempo, creando nei dirigenti blaugrana la galeotta illusione che non potesse essere indispensabile come fu successivamente al Napoli.

Raul-Real: c’eravamo tanto amati

D10S però fu fortunato in confronto ad altri calciatori ancor più simbolo di lui per la propria tifoseria. La stella del Real Madrid Raúl González Blanco, il 7 precedente a CR, per i più giovani lettori, il calciatore che se non fosse per Messi e Ronaldo avrebbe segnato il record di gol in Champions lasciò i blancos dopo 18 stagioni con un trattamento senza infamia e senza gloria. Relegato a giocare nello Schalke si prese le sue rivincite, che però non cancelleranno mai il rimpianto di non essersi lasciati nel modo giusto.

Alessio De Paolis