Il coup de théâtre arriva in serata. Sono passate da poco le 19 quando, dopo settimane di tensione, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte scioglie la riserva sul caso di Armando Siri, il sottosegretario leghista ai Trasporti indagato per corruzione. “All’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri porrò la mia proposta di revoca” dell’incarico al sottosegretario, annuncia il premier nel corso di una conferenza stampa, spiegando di aver “valutato la necessità e l’opportunità delle dimissioni da parte del sottosegretario Siri”.
Conte si riferisce alla mossa anticipata dallo stesso Siri, che prima dell’intervento di Conte aveva precisato in una nota di essere “innocente”, auspicando di essere ascoltato presto dai magistrati per chiarire la propria posizione. Se non arriverà una rapida archiviazione – aveva sottolineato il sottosegretario alle Infrastrutture – “entro 15 giorni mi dimetto”.
Parole che non hanno lasciato indifferente Conte, visto che subito argomenta: “Ho letto le parole del sottosegretario Siri. Le dimissioni future non hanno senso, le dimissioni si danno o non si danno. Lo dico da avvocato: eventuali dichiarazioni spontanee dell’interessato, ragionevolmente non potranno segnare una svolta rispetto alla fase delle indagini preliminari”.
Il premier fa sapere di aver parlato con Siri lunedì, che i due hanno avuto un faccia a faccia di due ore e che l’incontro è stato preliminare al fine di prendere “una decisione ponderata”. Non ha intenzione di ergersi “a giudice del caso”, precisa. Piuttosto le sue sono “valutazioni più ampiamente politiche e ricollegate alla responsabilità che mi spettano come massima autorità di governo”. Ai Cinque stelle, il premier chiede di “non approfittare di questa” decisione per ”cantare vittoria politica”. Alla Lega di ”comprendere che questa soluzione non è la condanna di un suo esponente e non si lasci guidare e ispirare da una reazione corporativa”.
La reazione del Carroccio però non si fa attendere. Dall’Ungheria, dove è in missione per incontrare Orban, Salvini lancia bordate: “In un paese civile non funziona così, lascio a Conte e Siri le loro scelte, a me va bene qualsiasi cosa se me la spiegano – commenta -. Spero che venga il 26 maggio prima possibile, così le ragioni elettorali di qualcun altro verranno meno. Siamo di fronte a una vicenda surreale. Sarebbe indagato perché due tizi parlavano di lui, senza che sia stato fatto nulla”.
Intanto, in tv, l’altro vicepremier Luigi Di Maio mantiene un profilo basso: “Non esulto, non è una vittoria, sono contento perché il governo può andare avanti perché la questione Siri si chiude” ammette. “Non è una vittoria o una sconfitta, il problema è quello di occuparci dei problemi degli italiani, questa questione si poteva risolvere qualche settima fa con una iniziativa del singolo”, aggiunge ancora. Ma la resa dei conti è vicina. Il prossimo Cdm potrebbe tenersi tra l’8 e il 9 maggio prossimo. Un appuntamento che si annuncia rovente. “Spero non si arrivi al voto, semmai il M5S voterà a favore e il M5S ha la maggioranza assoluta in Cdm” punge Di Maio.