Il 26 maggio della Lazio è un altro

Poco o molto da dire della sconfitta di Torino: si scelga la tesi più gradita. Il Toro c’era, la Lazio, tra assenze e atteggiamento e voglia di giocare saltami addosso, proprio no. È riuscita, tanto per far capire, anche a prendere un gol con palla lentissima rimessa con le mani e quindi spedita in rete prima che lo stadio si addormentasse. E poi con un contropiede che neppure in piazzetta si vede. Un bel gol quello di De Silvestri, che da anni, personalmente, avremmo riportato a casa.

Una sola punta e due nel finale, quando è entrato l’interessante e sfrontato Capanni. Si poteva mettere prima, ma il discorso è un altro: perchè trasformare il centrocampo in piazza Venezia? Perchè accontentarsi di cercare l’Oscar della noia?
Si cambia pagina e viene chiuso il libro di questa stagione. Da studiare, comunque. Abbiamo visto la bella Lazio di Coppa e la brutta Lazio di campionato. 

Ci si augura che, nelle tante ore passate insieme, Tare e Inzaghi siano anche riusciti a capire come mai. Ne farei una questione di uomini, ma non solo. Con Milinkovic e Correa avremmo visto un’altra squadra, certo. Ma non possono bastare due nei a imbruttire il volto di una miss Italia. 

Ventisei maggio. I laziali non pensano al campionato ma a un’altra Coppa vinta nel 2013, stesso giorno. Di fronte c’era la Roma e risolse Lulic. Ricordo rinfrescato dal successo contro l’Atalanta, ma il calcio non è fatto soltanto di Coppe. 

Roberto Renga