L’errore fatale dei 5 Stelle

L’ideologia, questa sconosciuta.
Accomodatevi e benvenuti nell’epoca del post-ideologismo, della società liquida, del gender fluid.

Non sono permessi punti di riferimento, fedi e convinzioni. Parola d’ordine individualismo. Il concetto di comunità è solo un lontano ricordo.

Tempi moderni dunque, tempi di paradossi, in cui anche la politica ha paura di essere definita, di essere ideologica (da non accomunare con il concetto di estremismo; ci si riferisce al concetto gramsciano di idee che portano all’azione politica). Ormai la destra e la sinistra sono superate! Guardate il PD: è nato Partito Comunista, è morto Partito Democratico di Sinistra (PDS). Poi anche PDS sembrava troppo “spinto”, e allora l’idea geniale: “togliamo la S”. E oggi abbiamo il Partito Democratico, nessun orientamento, nessun riferimento, nessuna idea.

Il Movimento 5 Stelle iniziò la sua avventura con uno storico Vaffa Daynel lontano 2007, migliaia di persone in piazza per protestare contro la classe politica dominante. I pentastellati non avevano certezze, non erano né di destra né di sinistra, ma erano portatori di un’ideologia ben definita: contro i partiti politici, contro la casta. La loro ragion d’essere era la lotta al sistema politico, un movimento antipartitico che mai e poi mai sarebbe sceso a compromessi con altre forze politiche. 

Questo punto fermo era stato espresso in modo chiaro dopo le elezioni del 2013, con un Bersani alla disperata ricerca di un alleato politico. Coerentemente con le loro idee i 5 Stelle non si sedettero neanche al tavolo alle trattative, non si poteva governare con coloro che rappresentavano il nemico da sconfiggere. 

Un partito che ha fatto della lotta al sistema partitico la sua principale propulsione, non poteva venir meno a questa sua idea. 

Le cose però sono cambiate nell’anno domini 2018.

Il Movimento si preparava ad un bagno di voti, ad essere il primo partito d’Italia. La squadra di Governo era definita, il messaggio agli avversari era stato lanciato: “i nomi che governeranno sono questi, per chi vuole partecipare queste sono le condizioni”. D’altronde come si sarebbe potuto fare altrimenti? Come si sarebbe potuti cadere nel gioco della spartizione delle poltrone post-elezioni tipico della vecchia politica?

E invece qualcosa è andato storto, qualcuno – Di Maio? Casaleggio? Grillo? – ha deciso che questa volta era il momento di prendere il comando, anche a costo di scendere a compromessi. A costo di firmare un Contratto di Governo e di votare contro l’autorizzazione a procedere su Matteo Salvini.

Il Movimento 5 Stelle è quindi venuto meno alla propria ideologia, al suo caposaldo, “mai con la vecchia politica”. I grillini hanno rinunciato alla propria identità. Una scelta politica che può essere considerata giusta o sbagliata – non si vuole discutere di questo. Ci si vuole focalizzare sul fatto che sia stato un errore ideologico. Anche in questi tempi in cui non v’è certezza, è stato visto come un tradimento da ampia parte degli elettori.

Dall’altra parte della coalizione di Governo c’è chi invece ha deciso di recuperare le ideologie e di metterle al centro della propria comunicazione. L’onnipresente Salvini ha recuperato un bagaglio di simboli fortemente identificativi su cui puntare la propria attività politica. Basti guardare la libreria alle sue spalle nella celebre foto che ha fatto seguito alla vittoria alle elezioni europee: un bazar di simboli – condivisibili o meno – dotati di una forza ideologica incredibile. 

Forse è questo che manca ai suoi avversari, in particolare alla sinistra. 

L’aver rinunciato alle lotte di cui un tempo si erano fatti portatori.

L’aver perso i propri tratti ideologici in favore di una visione del mondo globalista e mercantile. Un mondo in cui non c’è spazio per l’identità. Tutto è consumo. Puoi decidere quanto consumare di questa o quella visione della realtà. 

Libero di decidere cosa acquistare nel grande fast food delle idee low cost.

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