In un’Italia in cui troneggia il 34% dei voti in favore della Lega alle elezioni europee, per l’altra metà del cielo gialloverde è tempo di analisi.
Nonostante Salvini, nelle ultime ore, sia tornato più volte sulla questione, rassicurando sulla tenuta del governo e sull’accordo con i 5 stelle (“ho sentito il premier Conte. Ribadisco che la lealtà della Lega al contratto e al governo non è mai stata in discussione“), non possono che risultare emblematiche le condizioni in cui versa il M5S.
Tra chi figura la rovinosa caduta del Movimento, per i più a un passo dal ciglio di un burrone, e chi, come la senatrice M5S Elena Fattori, ha sottolineato di aver detto “in tempi non sospetti che Luigi (Di Maio, n.d.r.) non avrebbe dovuto ricoprire tutti quei ruoli, perché non ne ha fatto bene nessuno“, continua a fermentare il mal di pancia tra le fila del M5S e del suo elettorato.
Certo, Di Maio, all’indomani dei risultati delle elezioni europee, non ha mancato di dire che questa tornata elettorale è andata male per il M5S, una “grande lezione” da prendere e che li spinge a non mollare. La stoccata si è sentita, è indubbio. E il vertice fiume di ieri in casa M5S, con alcuni degli esponenti pentastellati, dal ministro Alfonso Bonafede alla senatrice Paola Taverna, sembra essere il primo passo verso questo ‘risollevamento’.
Ma, proprio nel contesto del vertice al Mise, c’è spazio anche per i dubbi, tra questi i molteplici incarichi di Luigi Di Maio. Troppi e (forse) troppo impegnativi per il leader che deve riorganizzarsi in fretta e raccogliere i tasselli di questa tornata elettorale.
Come fare, quindi, per rialzarsi e far fronte a quel 17%, espressione di uno scalo di marcia dell’elettorato pentastellato?
La risposta potrebbe essere insita in un nome, quello di Alessandro Di Battista.
Potrebbe essere una soluzione schierare in prima linea il politico pentastellato che, nonostante sia stato lontano dai radar dell’opinione pubblica per mesi e non ricopra allo stato attuale incarichi ministeriali o istituzionali di rilievo, rimane una delle personalità più rappresentative dell’anima del Movimento 5 stelle?
Di sicuro, con un’eventuale leadership di Alessandro Di Battista, levate di scudi in seno al governo gialloverde e toni più accesi con Salvini sulle riforme da attuare per il Paese potrebbero essere dietro l’angolo.
Ma, al di là dell’affondo di Davide Casaleggio in un’intervista a “Le Monde” (“Il limite massimo dei due mandati non è modificabile, abbiamo sempre detto che la politica non è un mestiere“), resta il fatto che Di Maio rimane in carica fino alla scadenza del suo secondo mandato. Schierare ora Di Battista potrebbe significare rimanere scoperti di candidati di punta per le prossime elezioni politiche.
In più, il pasionario politico pentastellato ha detto, uscendo dall’incontro al Mise di ieri, che “Di Maio non è in discussione, io non sono come Renzi con Letta“.
Ma in politica, così come nella vita, mai dire mai. Il vento del cambiamento potrebbe soffiare ancora, in un prossimo futuro, e a rimescolare le carte, rimanendo attinenti alle ideologie del movimento, si fa sempre in tempo.