Caro Vittorio Feltri, noto con molto interesse che ultimamente i titoli di apertura di Libero (quotidiano che tra le altre cose compro e leggo) sono alcune volte il festival dell’ignoranza, altre volte del cattivo gusto.
“Fa freddo? Quindi il riscaldamento del pianete è una bufala”. Chissà se a Lei ancora le si surriscalda qualcosa.
“Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay”. La capisco, ad una certa età se cala qualcosa è un dramma.
“Patata Bollente”. Qui Le evito il commento.
Eppure quando aprì la redazione del suo quotidiano ai bambini quasi mi innamorai della sua linea: “Nel mio giornale le donne sono più brave, l’unico problema è che qualche volta devono badare ai figli. Io ho dato ingresso libero ai bambini”.
Oggi capisco che da quell’ingresso sono escluse le bambine racchie, “gretine”, e quelle che magari portano un po’ sfiga.
Insomma, la strategia di far indignare per vendere una copia in più vale anche nella vita reale, però Lei è un direttore e da un direttore mi aspetto sempre qualcosa di più. Mia nonna, quando ero giovane, mi diceva “se non mostri non vendi”, dalla mia avevo una quarta di reggiseno, capelli biondi, occhi verdi, comprendo invece che all’età di 75 anni gli sia rimasto solo il potere di un titolo per vendere. Mostrare altro la vedo dura.
Da quello che scrivo potrebbe sembrare che io non sia d’accordo con alcune sue idee, in realtà su qualcosa che dice mi trovava pure d’accordo fino a lunedì 6 maggio quando dopo aver definito Greta Thunberg “rompiballe” e “gretina” si è permesso di definire, una ragazzina di 16 anni, con parole degne del più becero tifoso di calcio (con tutto il rispetto per il resto dei tifosi, quelli intelligenti).
“Di sicuro non diamo retta a una adolescente racchia e saccente come Greta, la quale poverina non è una scienziata e porta pure sfiga: da quando è stata ricevuta dal Papa, il nostro Paese si è raggelato: bombe d’ acqua, fiumi che tracimano, laghi gonfi”. A tal proposito Le vorrei ricordare che catastrofi naturali, sisma, alluvioni ed eruzioni vulcaniche per non parlare di ponti che cadono, hanno causato in Italia danni per circa 50 miliardi di euro negli ultimi 15 anni.
I dati, forniti dalla Commissione europea ed elaborati dall’Adnkronos, partono dal 2002 e arrivano a giugno dello scorso anno.
Direi che, matematica permettendo, la racchia era ancora in culla. Ma il fatto che per Lei questa ragazza porti sfiga non è nemmeno la cosa peggiore. Anche se in Italia e Lei da buon direttore dovrebbe saperlo, ci sono stati personaggi che per una diceria del genere si sono suicidati. Se Le sfugge mi chiami pure che Le racconto la storia di una grande donna.
Il fatto che Greta possa sembrarle racchia è per quel difetto impercettibile che alcune volte hanno i bambini affetti dalla sindrome di Asperger? O perché non Le piacciono le bionde? O perché aveva solo voglia di dire qualcosa? Insomma il dubbio rimane.
Sulla definizione saccente (cioè su qualcuno che ostenta in modo irritante un’erudizione o una cultura più presunta che reale) credo che Lei potrebbe fare da apripista a tanti acculturati dell’ultimo momento. Sa, Lei non è stato l’unico a prendersela con la ragazzina svedese, Greta è stata presa di mira dagli hater sul web. Addirittura una donna di 66 anni, come Maria Giovanna Maglie, si è permessa di dire che se non fosse stata malata l’avrebbe messa sotto con la macchina. Mia nipote di 7 anni, a cui ormai non si può più nascondere nulla, commentando quello che su Greta gli arrivava dalla tv, mi ha chiesto se dire che una persona è brutta (il termine racchia non lo conosceva) e che porta sfortuna è bullismo.
Secondo Lei direttore, le sue parole che, obbligatoriamente arrivano all’orecchio di quella massa di ragazzi che Lei non stima e che sono tutti drogati o affetti da vizi vari, (parole sue) come potrebbero reagire di fronte a certi titoloni? Si sentiranno in diritto di chiamare racchia una compagna di scuola diversa da loro? O dire ad una persona che sceglie di uscire dal coro che porta sfiga? Ma allora perché in tv e sui giornali facciamo le battaglie contro il bullismo se poi ci sono direttori come lei che sdoganano come normali certi termini?
Susanna Marcellini