“Confermi Luigi Di Maio come capo politico del MoVimento 5 Stelle?” E’ questa la domanda a cui oggi il popolo del Movimento è chiamato a rispondere. A partire dalle 10 di questa mattina e fino alle 20 di questa sera gli iscritti alla Piattaforma Rousseau dovranno far capire cosa ne pensano della leadership di Luigi Di Maio. C’è da capire, insomma, se il voto del 26 maggio alle europee sia stato una punizione contro il movimento o contro di lui.
Di Maio ha bisogno di conferme, di capire se c’è qualcosa oltre quel 17%, di verificare se fiducia e speranza albergano ancora nei cuori pentastellati. Si sente solo – forse non a torto – e prima di lanciarsi di nuovo nella grande battaglia politica contro (o con, non si è capito) la Lega, reputa necessario capire a quale esercito possa appoggiarsi.
E se questa chiamata si rivelasse controproducente?
La parola chiave è personalizzazione: a chi lo ha fatto in un passato recente non è andata molto bene. Avere un leader del gruppo politico è un conto, focalizzare l’esito di un voto politico sul leader del gruppo è tutt’altra cosa. Perché non chiedere dei contenuti? Perché non rivedere cosa è andato perso in questi anni? Perché non mettere in discussione i gap di un’imprecisata ideologia?
Personalizzare il voto delle europee probabilmente non è stata una bella mossa. Se da un lato il gesto può anche apparire apprezzabile agli occhi di un elettore ancora fiducioso – che può vederlo come un segno di umiltà, di passo indietro e di voglia di mettersi in gioco – dall’altro questa scelta non fa che frammentare ulteriormente il Movimento.
Supponiamo che a Luigi Di Maio arrivi il SÌ del popolo Rousseau. Si parte con una nuova carica, Luigi si sente di nuovo voluto bene, vecchi capisaldi del Movimento si svegliano e tornano ancora più agguerriti di prima e quel 15% di delusi ci ripensa.
Davvero?
Supponiamo adesso che a Luigi Di Maio arrivi un secco NO dai suoi elettori. Cosa succede? Chi diventa il nuovo leader del Movimento?
La risposta più ovvia è Alessandro Di Battista. E così, con il già annunciato “mi candido tra 4 anni” si ricomincia con la campagna elettorale. E il Governo? Che ne è a quel punto della credibilità di un vicepremier che il suo stesso gruppo politico rifiuta? Carta ancora più bianca per Matteo Salvini.
Sarà che Di Maio è stanco e ha bisogno di un motivo “valido” che giustifichi il suo mollare un po’ la presa? Sarà che tutte queste cariche sono troppe? Sarà che serviva un gesto forte per togliere un po’ di attenzione all’altro vicepremier?
Sarà che comunque vada questa azione non serviva per niente?