“Mona Lisa Smile”, film del 2003 con protagonista Julia Roberts, insegna. Al di là delle epoche storiche e dell’abbattimento di alcuni preconcetti e barriere sociali, il desiderio di conoscenza continua a muovere l’universo femminile verso percorsi di studi più approfonditi. Perché, che dir si voglia, le università continuano ad essere istituti del sapere, una delle fonti alla quale abbeverarsi per poter accrescere la propria sete di conoscenza.
Certo, di passi ne sono stati fatti e ce ne sono ancora da fare ma, se decidessimo di affidarci all’effetto moviola e guardassimo indietro alle donne laureata nella storia, non possiamo non menzionare lei: Elena Lucrezia Cornaro.
E’ infatti l’erudita veneziana, nata esattamente 373 anni fa (il 5 giugno 1646), ad essere protagonista oggi di un doodle celebrativo sulla home di Google. Riconosciuta da alcuni storici come la prima donna laureata al mondo, a 19 anni prese i voti come oblata benedettina, proseguendo gli studi di filosofia, teologia, greco, latino, ebraico e spagnolo e completando poi la sua formazione con un dottorato in filosofia all’Università di Padova.
Impedimenti nel suo brillante curriculum di studi? La ferrea opposizione del cardinale Gregorio Barbarigo al conseguimento del dottorato della Cornaro in filosofia, e il non poter esercitare l’insegnamento perché donna.
A lei pensiamo come uno dei simboli nella battaglia per il riconoscimento delle pari opportunità, una lotta mai cessata, nonostante l’avanzamento dei tempi e gli sviluppi della società odierna.
Se ci focalizziamo, ad esempio, sulla conclusione del proprio percorso di studi accademico e sulle possibilità lavorative, quante sono le donne laureate in Italia? E quante di queste, rispetto al genere maschile, trovano un impiego?
Stando a dati Istat, riferiti al 2016, le donne a portare a termine il proprio ciclo di studi universitario sono, in totale, 180.118, di cui 44.952 al Nord-ovest contro le 36 490 laureate a Nord-est del Paese. Nel meridione, invece, a laurearsi sono 39.761 donne.
Curioso il dato che si evince dal rilevamento delle donne laureate in Emilia Romagna e nel Lazio. Nella prima regione, le quote rosa che portano a termine il proprio percorso di studi sono 16.954, contro le 24.580 laureate nella seconda regione. Numeri rilevanti, se si pensa che in Emilia Romagna ha sede l'”Alma Mater Studiorum“, la più antica università del mondo e una delle più prestigiose in Europa.
Nonostante siano di più le quote rosa, rispetto agli uomini, che intraprendono agli studi accademici, nell’ambito lavorativo non si ha lo stesso riscontro. Stando a quanto rilevato da “AlmaLaurea“, il tasso di occupazione per le laureate si attesta all’81% contro il 89% dei laureati di sesso maschile.
L’universo femminile ha la peggio anche dal punto di vista retributivo: a parità di condizione, guadagnano in media 159 euro netti mensili in meno dei maschi. E questo si verifica indipendentemente dal settore disciplinare d’appartenenza.
La strada per la pari opportunità è, quindi, ancora lunga. Ma risulterebbe ancora più impervia, se venisse meno la sete di conoscenza e l’intenzione di ampliare le proprie conoscenze attraverso la formazione, accademica e non.