La sana paura, quella che ci ha salvato dai nemici, quella che ci permette di godere dell’esistenza, ha subito dei cambiamenti. L’abbiamo neutralizzata e lo abbiamo fatto portando all’estremo il nostro senso etico. L’etica, insomma, devia la paura indirizzandola non più al predatore da fuggire o al fuoco da non toccare, ma alle nostre passioni, al nostro modo di viverle, al nostro modo di amare. Neghiamo la bellezza e il piacere della passione amorosa. Com’è possibile? Cosa ci frena? Cosa stiamo sbagliando? Sull’argomento ha scritto il saggista Alberto Giovanni Biuso, ecco cosa ne pensa.
Alberto Giovanni Biuso, saggista e professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Catania.
“La paura è un sentimento prezioso perché consente alle specie viventi di evitare situazioni e rischi che risulterebbero rovinosi, mortali. Ma è anche un sentimento e comportamento che può paralizzare la vita, perdere il momento propizio, impedire la gioia” – Alberto Giovanni Biuso
Abbiamo paura di tante cose, forse abbiamo paura di tutto perché questo sentimento ci ha anche aiutato a sopravvivere come specie e ci aiuta a stare in guardia come singoli. La paura forse più profonda è quella relativa alla nostra animalità, che cerchiamo in molti modi di negare. Noi agiamo, amiamo, odiamo a partire dall’animale che siamo. Solo riconoscendo questo dato potremo cercare di vivere al meglio il nostro essere animali.
Prima di tutto dobbiamo distinguere due parole: morale ed etica. La morale si riferisce ai comportamenti e alle loro regole, l’etica è lo studio rigoroso e critico di queste regole. Ciò che sostengo è che la natura umana ha delle caratteristiche ineliminabili che nessuna etica potrà mai cancellare. Bisogna partire dall’antropologia per arrivare all’etica e non imporre l’etica all’antropologia, perché si tratta di un intento sempre fallimentare e spesso pericoloso.
Con “filo rosso di neutralizzazione” intendo il tentativo di negare la dimensione desiderante della vita mediante tre strategie. Ricondurre i nostri comportamenti alla psicologia quando invece le loro scaturigini sono molto più profonde. Affidarsi a etiche consolidate, specialmente religiose ma non solo, per negare la pervasività delle nostre passioni. E in ultimo rinunciare alla potenza del sentimento amoroso se esso non viene incanalato ed espresso secondo modelli prefigurati.
Quest’etica, appunto, non c’è ma crede di esserci. Non è un caso che nei Social Network i due atteggiamenti dominanti siano da un lato una aggressività continua, volgare, indiscriminata (rivolta a persone che non si sono mai incontrate!), e dall’altro un sentimentalismo sdolcinato, artificioso, fatto di formulette standard. Ferocia e sentimentalismo sono espressioni del fallimento dell’etica, almeno nelle piattaforme social.
Credo di sì. Dovremmo invece “avere paura” da un lato del potere del Grande Altro, e cioè delle norme sociali che colpevolizzano il desiderio, e dall’altro delle componenti più sadiche della nostra natura. Componenti che credo esistano in tutti noi, in maniera diversa.
Forse è anche questo che intende dire Roland Barthes quando afferma che oggi l’ “osceno” non è la pornografia ma il sentimento espresso nelle forme più semplici e dirette. Il dire, appunto, Ti amo perché ti amo, senza ragioni ma soltanto perché sei tu, al di là dell’ordine imposto dalle norme religiose, dal genere sessuale, dalla condizione sociale, dall’età e dalle circostanze.
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