Intriga, da osservatori neutrali, il matrimonio. Matrimonio? Beh, forse meglio dire unione civile, anche perché Maurizio Sarri dovrà sforzarsi di cambiare qualche tono, qualche espressione, più che ammucchiare cravatte nel guardaroba, che è questione secondaria.
Intriga, dicevamo, perché le due entità fino a poco tempo fa c’erano parse come acqua e olio, cioè non assemblabili, per nulla amalgamabili. Ora saranno entrambi obbligati ad accettarsi, non per quieto vivere ma per “quieto vincere”, trattandosi della Juventus.
– Gli è l’uniHa Hosa He conta -, deve affrettarsi a pronunciare il tecnico o alla Continassa dovranno invece rimediare tutti i dvd reperibili sull’Olanda di Crujiff e Neeskens? Entrambe le cose, ci sentiamo di prevedere, perché se è vero che alla Juventus la scelta dell’allenatore può apparire come un dettaglio, lo è altrettanto il fatto che uno come Sarri impone i suoi, di dettagli, perché non conosce scorciatoie per il raggiungimento del risultato, il cui ottenimento passa sempre attraverso la ricerca estetica e la partecipazione corale; totale, anzi: come la sua amata Olanda degli anni settanta.
Di certo Maurizio Sarri è atteso da un compito più difficile di quello dei suoi predecessori Conte e Allegri, perlomeno in patria: semplicemente perché Conte e Allegri hanno sempre vinto, negli ultimi anni, entro i confini nazionali; quindi Sarri non potrà nemmeno per un giorno far sospettare a chicchessia che l’efficacia del suo gioco paghi un tributo, seppur minimo, all’estetica, lui che dei tre è quello che vanta la filosofia tattica più riconoscibile, più caratterizzata da una certa cifra stilistica. Con la soglia di difficoltà, al contempo, aumentata dalla competitività presumibilmente accresciuta di Inter e Napoli. Mica poco.
Tra gli scenari ipotizzabili, inoltre, uno che avrebbe le sfumature del paradosso: se Sarri ottenesse più di chi lo ha preceduto in Europa e avesse maggiori difficoltà in patria?
Tutta da vedere (per chi ama il bel calcio sicuramente) e da giudicare (di conseguenza) la sua Juventus, quindi. Noi, nell’attesa di acquisire elementi utili al giudizio, nel frattempo non possiamo che consigliargli un’imprecazione un po’ più soft di quelle fino a ieri per lui usuali: “Maremma sabauda” potrebbe andar bene, come sintesi delle proprie origini e omaggio alla Real Casa bianconera. Sempre che il nodo della cravatta non sia troppo scomodo.
Paolo Marcacci