Quello che Conte non ha detto

In una conferenza meno bollente rispetto alla temperatura esterna – con una voglia chiara di non accendere troppe polemiche – Antonio Conte si è presentato ai tifosi dell’Inter, al fianco di Giuseppe Marotta. E mentre il dirigente ha dato indicazioni di mercato piuttosto chiare, confermando alcuni obiettivi principali, l’allenatore ha preferito parlare di cosa si aspetta dal punto di vista caratteriale e comportamentale dai suoi giocatori. Più volte ha ripetuto che tutti dovranno lavorare nell’interesse generale, senza pensare a quello personale, più volte ha parlato della necessità di lavorare e lavorare bene. Più volte ha sottolineato il fatto che una cosa poteva garantirla: il massimo impegno per raggiungere il massimo risultato.

La sensazione, insomma, che Conte – evitando riferimenti chiari in conferenza – abbia comunque le idee molto chiare. Anche sugli obiettivi. Perché, senza fissarne in maniera diretta, più volte ha  ripetuto la necessità di accorciare o annullare il gap con la Juventus e il Napoli, lanciandosi nell’avvertimento che anche in Champions bisognerà pensare in grande per fare il massimo.

Ma più di ogni parola, è bastato uno sguardo, un sorriso appena accennato a chiarire quali sono le reali intenzioni di Antonio Conte, uno che vive la professione per lavorare molto e lavora molto per vincere. Quando a Marotta è stato ricordato di aver portato Conte alla Juve nel suo secondo anno e di essere stato ripagato con lo scudetto, più della risposta del dirigente è stata significativa l’attenzione con cui l’allenatore seguiva la risposta. Con gli occhi che  – sognanti e assorti – andavano a stringersi come asole. 

Perché, in fondo, era proprio questo che avrebbe voluto dire e non poteva. Che lui, esattamente come alla Juve, era lì per vincere. Per vincere subito.


LEGGI ANCHE: