Nulla che non sia stato detto, o sentito, si potrebbe pensare: uno, famoso o meno, ricco o meno, si ammala; di uno dei mali che non guardano in faccia nessuno. Ha già detto qualcuno che si tratta di una delle poche cose realmente democratiche dell’esistenza.
Poi però accade che un altro evento si sovrapponga alla comunicazione della (grave) notizia: che un uomo, celebre, ricco e soprattutto percepito come fortunato dal mondo esterno, voglia lui stesso fare il punto della situazione sulla scoperta più disorientante che un individuo possa fare nella propria esistenza, ossia che l’esistenza stessa si riveli appesa a un filo. Come non era un paio di mesi prima. Come ognuno di noi pensa che sì, possa accadere, ma sempre agli altri.
Se poi nella fattispecie accade a uno che puoi considerare più o meno una star, lo sai sempre dopo, fateci caso.
Siniša Mihajlović ha scelto di affrontare innanzitutto se stesso, condividendo, cioè compiendo un’operazione che molti di noi non sono in grado di compiere nemmeno rispetto alle vicende della vita di tutti i giorni.
Bando alla retorica del guerriero, del combattente e altri luoghi comuni: ha parlato anche a nome di chi non sa fare altro che chiudersi in se stesso, anche nel rispetto di tutti coloro che abbiamo conosciuto e che conosciamo; di chi abbiamo conosciuto e conosciamo, che all’inizio non voleva nemmeno farsi vedere o uscire di casa, come forse faremmo anche noi.
Nel prendere a calci in bocca la sua angoscia, ha scritto una epocale pagina di comunicazione. Tante altre cose avrebbe anzi voluto dire.
Per darsi coraggio, ci ha dato coraggio.