Difficile essere Fonseca, arduo essere Petrachi

Più passano i giorni, meno è facile essere Paulo Fonseca a Trigoria. Siamo a quindici giorni dall’esorodio (casalingo) in campionato contro il Genoa.

Se non è facile essere Fonseca, è davvero arduo essere Gianluca Petrachi: chi sta per andare e Fonseca vorrebbe trattenerlo; chi non va e invece dovrebbe proprio andare; chi non viene o non è entusiasta di venire. Buchi nell’organico e di conseguenza nella fisionomia del presunto undici titolare; big partiti e, per un motivo o per l’altro, non monetizzati a sufficienza; buoni giocatori pagati abbastanza, o più che abbastanza; gente non proponibile per un altro anno in giallorosso che però ancora viene regolarmente utilizzata nelle amichevoli, tra l’altro sempre meno amichevoli, come insegna l’atteggiamento dell’altra sera da parte del Bilbao di Garritano.

Quando arriveranno i primi giudizi, per forza di cose affrettati e parziali, sul tecnico portoghesee sui rischi ai quali il suo gioco espone la Roma, si dovrà, se si è onesti intellettualmente, fare i conti su ciò che pretendeva e che per forza di cose non sarà nel frattempo arrivato, dalla linea difensiva in su.

Quando invece si stilerà la prima pagella di Petrachi, non si potrà non partire da un “più uno” per il lascito disastroso di Monchi: gente quasi tecnicamente sparita, o comunque svalutatasi, che guadagna decisamente troppo. Tempo fa questo gruppone di giocatori venne definito un potenziale “tesoretto” dal quale ricavare un po’ di soldi.

Ci siamo presto resi conto che assomiglia molto di più a un castelletto di cambiali.

E intanto la calda estate, quella di Fonseca come quella di Petrachi, prosegue, dal centrale difensivo che manca ancora fino al sostituto di El Shaarawy che alla fine non arriverà, non con quegli stessi numeri, almeno.

Del centravanti vorremmo non parlare, preferendo interpellare un qualche indovino che sappia leggere il futuro in una smorfia del fratello di Higuain, o in una scollatura generosa di Wanda Nara.

Paolo Marcacci


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