Intensità: parola magica; tragica (calcisticamente parlando) assenza della scorsa stagione per quanto riguarda la maggior parte delle prove offerte dalla Roma soprattutto nella seconda parte.
Senza stare a ricordare i vari episodi in cui abbiamo lamentato, lo scorso anno, le mancanze della squadra dal punto di vista del tensionamento agonistico e senza voler (ri)gettare la croce addosso a Eusebio Di Francesco, in questi giorni di lavoro da parte di Fonseca e del suo staff registriamo un primo, confortante elemento a suffragio della bontà dei metodi del tecnico portoghese: il ritorno, diremmo in pianta stabile, dell’intensità durante le ore di lavoro a Trigoria, con effetti che si son cominciati a vedere soprattutto contro il Lille e che, oltre alla progressiva brillantezza atletica, stanno producendo come effetto secondario (secondario?) il coinvolgimento di tutto il gruppo, compresi quei giocatori che molto probabilmente andranno via, in un atteggiamento collettivo improntato alla cultura del lavoro e al mantenimento di una elevata soglia di attenzione, in allenamento come in partita.
Tutte cose che diciamo sottovoce, sussurrandole quasi, per frenare slanci di ottimismo che potrebbe apparire eccessivo e che non enfatizziamo perché il primo insegnamento deve essere quello di mantenere i piedi per terra, prima che parli il campo e che il verdetto lo decreti il tribunale degli impegni ufficiali. Lasciateci però dire che ci piacciono i segnali, anche quelli minimi, come l’annullamento di una seconda seduta di allenamento, complice forse anche il caldo asfissiante, perché quella mattutina era stata svolta con concentrazione assoluta. Il tecnico portoghese passa per essere, cosa confermata in parte anche dalle sue prime settimane in giallorosso, uno molto attento ai dettagli: di conseguenza dobbiamo esserlo anche noi, nel giudicare quella che potremmo definire “l’alba” del suo operato a Roma. Deve ancora sorgere il sole dell’entusiasmo dato da un gioco presumibilmente trascinante e da risultati che speriamo positivi; però, per restare nella metafora, se il buongiorno si vede dal mattino, allora Fonseca ha cominciato col piede giusto, da un punto di vista in particolare: quello degli atteggiamenti, i suoi e quelli che pretende dalla squadra. Oltre ad aver inviato in tempi brevi il segnale che in genere arriva dalle persone intelligenti: quello di aver capito subito dove si trova, l’ambiente in cui dovrà lavorare, con relativi pregi e difetti.
I calciatori, ossia quelli dai quali alla fine dipendono le sorti di una stagione e quindi di un allenatore, al momento sembrano aver capito ed essersi messi, tutti, a disposizione. Perché per qualcuno di loro si tratta di una grande occasione; per qualcun altro di una seconda occasione da sfruttare poiché forse non ve ne saranno in futuri; per altri ancora la presa di coscienza che la pacchia, un certo tipo di pacchia, forse è finita per davvero.
Paolo Marcacci