Basaksehir, nano antipatico tra i giganti di Istanbul

Strana realtà, ancorché perché recente in un paese dove tutto trasuda passato, contrasti secolari, una sorta di divisione in caste che nelle storiche polisportive vede alimentarsi il riverbero di una società composita, contaminata a livello di culture e fondata sulla mescolanza di tutto, o quasi, quello che ha offerto la civiltà del Mediterraneo. 
Perché dici Istanbul e istintivamente pensi a Bisanzio, ancor più che a Costantinopoli; Bisanzio che Francesco Guccini descrisse, cantandola, come “Città assurda, città strana di questo imperatore sposo di puttana, di plebi smisurate, labirinti ed empietà, di barbari che forse sanno già la verità, di filosofi e di eteree, sospesa tra due mondi, e tra due ere…“.
E allora deve essere proprio strano ritrovarsi tifosi di un club come l’Istanbul Basaksehir, nato nel 2014, il 5 giugno per la precisione, sulle ceneri del vecchio e dimesso Istanbul BB (Istanbul Buyksehir Belediyesi) senza nemmeno una conferenza stampa di presentazione; quasi in provetta, per un esperimento certamente finanziario, quasi politico in partenza, molto politicizzato col senno di poi. 

Passato dal controllo municipale a quello del Ministero dello Sport e della Gioventù, ha smesso di esibirsi nel vuoto desolante dello stadio Olimpico Ataturk, impianto da 81.000 posti nel quale l’affluenze alle partite non superava le poche migliaia di presenti: ora gioca tra le mura del Fatih Terim, impianto da 18.000, costato 44 milioni di euro, a cinque stelle Uefa, e tirato su nel giro di appena 14 mesi. 

Affermatosi come squadra che potremmo definire ‘mascotte’ della capitale turca (oltre che unica, curiosamente, a portarne il nome), ha repentinamente visto la sua fama embrionale mutare in ‘club del governo’, poiché non è un mistero che sia stata finanziata dal AKP, ossia il partito del Presidente Recep Tayyip Erdogan, con tutta l’avversione che, potete immaginare, ne è conseguita e ne consegue. 

Pensiamo allora, di conseguenza, conoscendo anche sommariamente la storia sportiva e la base sociale degli storici club di Istanbul, cosa voglia dire per una realtà così inedita, percepita come ‘governativa’ nel senso più deteriore del termine, convivere con le storiche correnti della tifoseria altoborghese del Galatasaray, di quella della classe lavoratrice affezionata al Fenerbhace o di quella tradizionalmente più ‘british’ e fricchettona del Besiktas. 

Paolo Marcacci


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