Una di quelle partite sporche, una di quelle da vincere purchessia, per come si era messa ad un certo punto: bloccata, stagnante, sostanzialmente scorbutica. Il Basaksehir è ben messo in campo e, dalla cintola in su, anche decente nel fraseggio.
Titolari Juan Jesus, Diawara e Pastore, quest’ultimo particolarmente intermittente ma autore di tre o quattro giocate molto godibili per la platea. Il primo tempo la Roma lo chiude in vantaggio per merito di una coscia galeotta di Caiçara, tra l’altro uno dei migliori fra gli uomini di Okan Buruk.
La ripresa è tutta un’altra storia, con gli spazi a disposizione che fanno emergere tutta la superiorità del palleggio romanista, Zaniolo in testa che riesce a entrare in ogni azione, sempre partendo da destra e aumentando i giri in progressione, con una facilità nella rifinitura che rende onnicomprensiva la sua prestazione: gol, assist, sportellate, cambi di passo e di gioco.
Stadio poco, ma molto buono per i decibel delle esultanze e della sottolineatura ai preziosismi che la squadra di Fonseca comincia a perseguire dopo il raddoppio e fino al tracciante di sinistro con cui Kluivert scrive il quattro a zero sul tabellino, che a quel punto rende merito a quella che è la reale proporzione di forze tra le due compagini. Rivedibile Diawara, che paga il minutaggio scarsissimo delle ultime due stagioni, meglio forse nella seconda parte.
Però la voce più importante, anche stasera, è quella dell’imbattibilità interna, il che irrobustisce la percentuale di autostima, la qualità più importante per questi primi mesi di lavoro del tecnico portoghese.
Buona la prima, in questo ginepraio che è la fase iniziale dell’Europa League. Work in progress per la fluidità della manovra e l’equilibrio della fase difensiva.
Paolo Marcacci
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