Da più parti e con una certa insistenza si sente celebrare il nuovo programma dell’Erasmus. Esso è a tutti gli effetti una figura centralissima del capitalismo post-nazionale, che ha sostituito il servizio militare di leva con la sua variante globalista, appunto, l’Erasmus.
“Erasmus” è un acronimo che sta per ‘European Region Action Scheme for the Mobility of University Students’, ovvero uno schema d’azione delle regioni europee per la mobilità degli studenti universitari.
La funzione dell’Erasmus in sostanza, al contrario di quanto sostengono le narrative edulcoranti allineate, è di addestrare le proprie leve al nuovo profilo errante e deterritorializzato, proprio del nuovo capitalismo globalista.
Il suo prodotto è l’homo instabilis, l’homo cosmopoliticus, il trionfo non più del capitalismo nazionalista, ma di quello cosmopolita; ove non c’è più la nazionalizzazione delle masse, bensì la loro precarizzazione.
Fin dalla sua istituzione nel 1987, l’Erasmus è a tutti gli effetti un progetto di rieducazione globalista, un progetto che impone ai più giovani la mobilità globalista, l’espatrio permanente, l’erramento gaudente e lo spaiamento generalizzato come valori di riferimento.
L’Erasmus forgia e modella l’immaginario dei giovani in senso liberal-libertario, glamour e post-nazionale, li ortopedizza affinché essi vivano la condanna dell’erranza e della deterritorializzazione come una chance emancipativa.
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