Il Milan si regala Ibra, la Serie A è Villa Arzilla

Ibrahimovic come regalo di Natale. Milano si fa riconoscere sempre, il Milan poi ha voglia di rispolverare il proprio passato. Lo fa con la figurina dello svedese che non è più quello di otto anni addietro ma i tifosi sognano e il club ha voluto donare questo pacco per tenere calma la piazza irritata e pronta ad altre contestazioni.

Ibrahimovic è una scommessa, non soltanto per l’anagrafe che lo riguarda, ma per l’assenza dai teatri europei e da queste ultime due stagioni trascorse a trastullarsi nel luna park americano, là dove, tuttavia, non è riuscito a portare a casa nemmeno un pesciolino rosso, un orso di pezza, nulla ma gol e tanti e belli, secondo repertorio suo.

Mentre gli yankee tornano ad occuparsi di baseball (parole di Zlatan) noi italiani ci godiamo quest’altro arrivo a Villa Arzilla, la Serie A è un buon pensionato, una casa di recupero e di soggiorno per atleti illustri alla memoria. Con l’ingaggio di Ibrahimovic il Milan conferma di non pensare al futuro, come aveva propagandato con alcuni innesti, vive un presente precario e pochissimo conosce di quello che potrà accadere domani.

I sette abbondanti milioni lordi del salario fino a giugno dovranno essere confortati da prestazioni, gol e amenità varie. Poi si deciderà di prolungare per un altro anno il contratto a cifra doppia. Intanto qualcuno potrebbe anche comprarsi il Milan, così si augurano gli americani del fondo Elliot ai quali del football in campo, della storia, della tradizione, non interessa un hamburger stracotto. Loro pensano ai dollari, fanno bene ma malissimo per chi ancora crede nel Milan.

Ibrahimovic è una cravatta di seta su un abito modesto, dunque non cancella la mediocre immagine della squadra e del club. Ma anche una cravatta di seta, se maltrattata e mal riposta nei cassetti, potrebbe risultare inutile. Molta euforia nelle strade di Milano. Si preparano i saldi di gennaio. Dicono che Zlatan Ibrahimovic sia il migliore affare d’Europa. Basta crederci. E vivrete felici e contenti.

Tony Damascelli