Il coronavirus, ad oggi, ha ucciso 910 persone (di cui 908 solo in Cina), l’Italia ha bloccato da giorni i voli da e per la Cina suscitando tra l’altro anche il nervosismo del governo cinese.
Dopo il caso della coppia risultata positiva al virus, la preoccupazione si è diffusa anche nel nostro paese e a poco è servita la rassicurante visita del Presidente Mattarella ad una scuola con una forte presenza di studenti di origine cinese.
Il rischio di contagio nel nostro paese è alto? Il cordone sanitario istituito per prevenire una diffusione del virus sta funzionando? Quali sono le precauzioni da adottare per evitare di contrarre il virus?
Ascolta l’intervista a Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e attuale rappresentante dell’Italia nell’Executive Board dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Un piccolo focolaio epidemico si è verificato in Alta Savoia da parte di un cittadino inglese che provenendo da Singapore ha passato una serie di giornate in montagna con degli amici e li ha contagiati tutti: quindi ci sono i primi casi di persone che hanno contratto il virus senza essere stati in Cina. Naturalmente questi tornando in patria lo hanno trasmesso agli altri, sono i cosiddetti casi secondari.
Noi in Europa dobbiamo continuare ad avere la strategia di grande attenzione nei confronti di coloro che tornano dalla Cina ma poi per quelli che in Europa hanno avuto contatti dobbiamo fare quella che si chiama inchiesta epidemiologica rintracciando tutti i contatti ed accertando che non abbiano contratto l’infezione.
Questo virus ha una contagiosità più alta di quella della Sars, la buona notizia è che però la patogenicità, cioè la letalità, è molto più bassa di quello della Sars.
Mentre su 100 malati di Sars ne morivano 10 nel caso di malati di coronavirus su 100 ne muoiono 2.
Quando abbiamo i vaccini non li facciamo, quando invece c’è un’epidemia per quella vogliono tutti il vaccino.
L’allerta continuerà ad essere alta ancora per mesi, non allarmarsi eccessivamente ma non sottovalutare.
Le Olimpiadi a Tokyo? Io penso si facciano, se riusciamo a monitorare la situazione si potrebbero fare.
Di fronte a quest’epidemia noi siamo come 400 anni fa, abbiamo soltanto di più la capacità di studiarli con mezzi nuovi e cercare delle soluzioni, però di fatto quando non c’è un vaccino e quando non c’è una terapia ci dobbiamo comportare così.
Noi siamo abituati ad avere più paura dei vaccini che delle malattie infettive.
Il rischio non è legato alla nazionalità, se queste persone sono state in Italia e non si sono mosse e poiché la malattia non si trasmette attraverso il cibo possiamo dire che si può andare a mangiare tranquillamente dai cinesi
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Pierluigi Lantieri