Ad oggi sono 31.506 contagi, 2.503 i deceduti e 2.941 i guariti. Allo stato attuale, dati del 17 marzo, sono 26.062 i soggetti positivi totali. Appaiono sconfortanti i dati pubblicati oggi dalla Protezione Civile, ad alimentare la speranza però c’è la comunicazione del Direttore Aifa, Agenzia italiana del farmaco, Nicola Magrini che ha annunciato che partirà la “sperimentazione del tocilizumab, farmaco per artrite reumatoide, i cui dati preliminari sono promettenti“.
Nel frattempo alcune zone d’Italia, come il Veneto, annunciano di voler mettere in atto un’operazione di tamponi ‘a tappeto’ per cercare di arginare più possibile i soggetti positivi”.
Stefano Molinari e Luigia Luciani ne hanno parlato con il Prof. Giorgio Palù, ordinario di microbiologia e virologia, Direttore del Dipartimento Medicina Molecolare dell’Università di Padova. Ecco cosa ne pensa.
“Coronavirus: ci si attendeva un’inversione di tendenza, ma dovremo attendere. Tamponi per tutti? Farlo ora è tardivo” ► Palù (Virologo)
“Siamo ancora in fase ascendente della curva, è difficile fare previsioni. Ci si attendeva su simulazioni che fossimo vicini a un’inversione di tendenza, se così non è dovremo ancora attendere.
Tamponi per tutti? Capisco lo sforzo di voler dimostrare alla popolazione che si fa il possibile e si prendono tutte le misure contro il contagio. Però ci sono dei ragionamenti da fare: se noi oggi facessimo tamponi a tappeto, cosa otterremmo? Otterremmo di trovare magari qualche soggetto positivo, magari qualche soggetto asintomatico. E che impatto ha questa decisione sul sistema sanitario? Ne avrebbe pochi di impatti. Perché la misura che potremmo prendere qualora rinvenissimo un soggetto come questo sarebbe la misura che avremmo già dovuto aver preso: rimanere a casa, non muoverci, frequentare meno possibile locali pubblici. Quindi non cambierebbe ciò che è già in atto. E poi il test molecolare non è un test che dà la prevalenza dell’infezione virale.
Dove invece sono favorevole a incrementare i tamponi è dove l’infezione circola in maniera prevalente: in ambiente nosocomiale. Cioè abbiamo infezioni in ambiente ospedaliero. Più ricoveriamo più sottoponiamo questi soggetti al rischio che si infettino, quindi i tamponi andrebbero fatti a medici, sanitari e infermieri per impedire che siano loro vettori dell’infezione nei soggetti più gracili. Dove, ancora, dovremmo intensificare i tamponi? Nelle case di riposo, militari, poliziotti, nei locali pubblici che restano aperti. Andrebbe fatto sicuramente maggior campionamento, ma farlo ora è tardivo.
Le misure adottate in Italia? Proprio per i dati che ci ha presentato il responsabile della Protezione Civile, bisogna essere ancora più drastici. I trasporti, ridurre le possibilità di contagio e forzare le persone a stare in casa”.
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