Gianni Mura è stato questo

Un’altra fetta di vita. Un morso al cuore. Gianni Mura è stato questo, una parte forte della mia esistenza e della carriera che riguarda anche altri sodali in questo mestiere così bello e così effimero.

Il cuore lo ha tradito, ma c’era altro, anche se quella voce con la quale ci eravamo lasciati venerdì pomeriggio, non suggeriva la tragedia, semmai la rabbia per nuovi guai, nella stanza dell’ospedale di Senigallia. Se ne era andato al mare, per respirare l’aria diversa da quella maligna di Milano. Lo avevano accudito sua moglie Paola e l’amica e collega di grande censo, Manu Audisio. Saette nel suo corpo lo avevano ferito già a novembre, febbre, tosse, dolori di un’età che ha dentro i timbri di una esistenza sbilenca, senza orario, senza giorno e senza notte, questo era il nostro giornalismo prima dell’avvento del computer e di wikipedia, isole contaminate dalle quali Gianni si teneva distante, così dalle varie emittenti frequentate da parlanti e parlatori di improbabile identità professionale.

Il ciclismo e il calcio sono stati il suo pane quotidiano, profumato, fragrante, cotto benissimo, sfornato nel tempo giusto. Il lessico di Gianni era unico, ma non bizzarro come quello del maestro Brera, ma immediato, elegante, confortato dagli studi scolastici e dalle frequentazioni, fossero Pantani o Zoff, Moser o Platini, Brassens o Tenco, campioni, canzoni, parole, riassunte negli scritti poi diventati anche romanzi e raccolte.

Hai saputo vivere, Gianni, senza stravivere per questo. Hai saputo insegnare il rispetto anche a chi non conosce questo sostantivo ormai in via di estinzione. Hai saputo narrare storie normali trasformandole in racconti supremi. Eri l’orso al quale portare il miele e grattare la schiena, sei stato il compagno di notti lunghe e di trasferte improbabili. Mi avevi detto, era venerdì al tramonto, “ti richiamo”, dopo avermi raccontato le ultime tappe della giornata in ospedale. Voci di infermiere, in lontananza e, poi, il silenzio di questo primo giorno di primavera. Sento freddo. 

Tony Damascelli