Il maresciallo Ilicic ha fatto cose da campione. Ho scritto maresciallo perché il ragazzo porta lo stesso nome di Tito, Jospi, che fu, capo supremo della Jugoslavia prima che accadessero, morto il maresciallo, guerre e morti, portandosi via donne, bambini, uomini, fra questi, ucciso dai serbi, il padre di Josip Ilicic. Il quale a trentadue anni sta rivelando tutto il suo talento, tenuto a lungo sotto il cuscino, perché altrimenti oggi figurerebbe nei club più grandi d’Europa.
Quattro gol da lui realizzati, due su rigore da lui medesimo procurato, sono la memoria di una serata storica per lo sloveno, nato croato, e per l’Atalanta che va ai quarti di finale, procurando interesse, passione e ansie, forse, vedi alla voce Agnelli, nei futuri avversari.
In Spagna, zona corrida, si usa dire e scrivere orejas y ovaciones per il torero che conquista il trofeo, Ilicic ha giocato con el traje de luz, abito di luci sfavillanti, il Valencia ha fatto la fine del toro, nello stadio vuoto mentre fuori dal Mestalla una folla di tifosi ha sognato il nulla ed è stato meglio per loro non assistere dalle tribune all’esibizione della squadra di Gasperini.
L’Atalanta è roba seria, si dovrà fare i conti con lei in campionato e in Champions, qualche distrazione difensiva non ha giustificazione se non nel vantaggio dell’andata e nella droga fornita da Ilicic.
Segnalo la presenza in campo di Kondogbia, apparso in Italia come risposta interista a Pogba. Solo per l’accento sull’ultima vocale. In contemporanea a Lipsia Josè Mourinho ha concluso la sua avventura europea, il Tottenham è stato travolto.
Special out.
Tony Damascelli
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