La scienza lavora in laboratorio non in televisione

Sono veramente afflitto per lo stato di confusione che regna sovrano in questo momento nel nostro paese.

La scienza ha la sua liturgia.Non vive di arroganza ma di scoperte, non vive di esposizione mediatica ma di laboratorio.

La scienza nella sua analisi non dà mai nulla per scontato e pone attenzione a particolari considerati irrilevanti all’uomo comune o al cattedratico saccente.  

La scienza non trascura nulla e parte analizzando sempre il lavoro, spesso diversificato, di chi si è già posto il problema, di chi è più avanti nel percorso esperienziale.

Lo scienziato più è bravo e più è nudo, senza pregiudizi, socratico, ossia perfettamente cosciente di non sapere, ma animato da un inguaribile desiderio di conoscere.

La grande scuola della scienza è quella della collaborazione e dello scambio continuo tra chi vi opera.

La scienza non conosce titoli, ma principi. 

Allora mi chiedo perché soltanto ora guardiamo alla Corea del Sud, che anche al più distratto cittadino balzava agli occhi per l’esiguo numero di decessi rispetto all’altissimo numeri di contagiati, stante peraltro, la prossimità geografica al focolaio madre?

Mi chiedo ancora, oltre ai protocolli cinesi, la nostra comunità scientifica e quella internazionale hanno analizzato quelli Giapponesi, diversi da quelli coreani ma di pari successo ?

Perché non si sono prese in esame al tempo modalità operative che non hanno interrotto il processo economico o condannato alla reclusione sine die (a tempo indeterminato) 60 milioni di persone ?

Non è sufficiente dire: noi abbiamo una popolazione anziana con una aspettativa di vita pari ad 82 anni.

Ma anche la Corea del Sud ha una popolazione anziana con una aspettativa di vita pari ad 82 anni.

Addirittura in Giappone l’aspettativa di vita è di quasi 84 anni.

Lavoro h24 nella ricerca scientifica, in tutt’altro settore, e quindi le mie domande le rivolgo con il massimo rispetto e per mero desiderio di conoscenza.

Mi ricordo che quando iniziai la mia esplorazione la persona che mi avviò verso tale percorso mi ripeteva sempre la parola “umiltà”, perché la scoperta scientifica non ha colore, non ha sesso, non ha denaro, non conosce prosopopea, non ha pregiudizi, e si raggiunge mettendo insieme un segmento alla volta, e basta che ne dimentichi uno l’oscurità non diventa luce.

Occupandomi di burocrazia, di metodologie innovative per la riduzione degli sprechi pubblici e di diritto amministrativo, molti negli ultimi anni mi hanno offerto di far politica, di cimentarmi direttamente nell’azione di governo.

Non ho mai accettato perché chi ha avuto la fortuna anche soltanto per un attimo di vedere la luce, ne rimane talmente stregato da seguire quel bagliore come missione di vita.

La scoperta scientifica, si rivela come un bagliore improvviso che illumina di conoscenza ciò che fino ad allora restava sconosciuto, è fulminea ed accecante, ed il risultato si rende palese soltanto quando tutto è in perfetto ordine ed il procedimento regge all’esito di qualsivoglia ulteriore verifica. 

Non è certamente questo il momento di porre censure. E non è il mio obiettivo. Oggi siamo in trincea e dobbiamo lottare ed andare avanti.

Svolgo queste considerazioni soltanto perché anche nella vita ho un approccio scientifico e la medesima curiosità verso la conoscenza, partendo sempre dall’analisi.

Poi, tante cose chi non se ne occupa in prima persona non può conoscerle.

Magari, non si è utilizzata la tecnica coreana del “tampone diffuso” soltanto perché in un paese dove con difficoltà si reperisce una banale mascherina figuriamoci quanto possa essere complesso approvvigionarsi di centinaia di migliaia di tamponi. 

Ciò che mi preoccupa però, sono i cambi di rotta continui e repentini.

L’analisi scientifica vive di punti fermi, cementa e verifica la presa di un mattoncino alla volta e non subisce mai scossoni, anche perché se ciò accadesse significherebbe che si è messo il mattone sulla faglia (terreno mobile).

Quante volte mi è accaduto. Tutte le volte che ho dato qualcosa per scontato.

Quando, con superficialità, ho accelerato per vedere prima la luce, sono sempre caduto miseramente.

Poi, a Roma dicono “a forza di botte” e soprattutto con il sopraggiungere dell’esperienza ho iniziato a rispettare tutte le regole che conducono al quel meraviglioso bagliore.

Non guardo in faccia a nessuno, non conosco classi, caste, titoli o simposi, rispetto tutti, ma guardo, lavoro, suggerisco e giudico soltanto avendo studiato gli atti ufficiali.

Per tornare al tema odierno, vi ricordo quanto accadde al famoso ciclista italiano Fausto Coppi che morì per aver contratto la malaria in Africa. 

Allora già si conosceva il chinino, ma non gli venne somministrato per l’arroganza, la scarsa collaborazione e la superficialità dei sanitari italiani dell’epoca, nonostante i francesi avessero curato e salvato nel giusto modo un collega di Coppi affetto da medesimo morbo e si fossero fatti parti diligente proponendo lo stesso rimedio.

Oggi i numeri di questa Pandemia sono impietosi purtroppo, sono i peggiori al mondo ed il flagello non accenna a diminuire.

La mia non è quindi, una censura, ma un invito a lavorare secondo i canoni della scienza.

Al centro ci dovrebbe essere lo scambio di informazioni e l’analisi comparata di queste, limitando la presenza in video soltanto alle comunicazioni ufficiali, con pochi indirizzi, ma granitici.

Guai a disorientare il cittadino, che già vive nella paura e nell’incertezza, con pubbliche risse o con indirizzi contraddittori.

L’invito chiaramente lo rivolgo non soltanto agli scienziati nostrani a chiunque abbia responsabilità in questa fase, a cominciare dal Parlamento che invece di starsene a casa dovrebbe con coraggio, non abbandonando la trincea, deliberare le disposizioni tecniche e finanziarie per supportare, indirizzare ed approvvigionare la straordinaria prima linea sanitaria, quella delle forze dell’ordine, e quella delle amministrazioni comunali che, con i loro caduti sul campo, stanno onorando il loro ruolo e la nostra Patria.

Enrico Michetti


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