In questi giorni ha fatto molto rumore la notizia che la Germania abbia varato un piano da 500 miliardi di euro per permettere alle proprie aziende di far fronte alle conseguenze della pandemia da coronavirus e che per farlo voglia usare lo strumento della banca KFW.
In tempi non sospetti io stesso denunciavo che la Germania utilizzava questa banca pubblica per aggirare i vincoli europei per fare concorrenza sleale agli altri paesi, attuando una vera e propria truffa.
La KFW era infatti la banca pubblica tedesca, creta dagli alleati per gestire i fondi del piano Marshall.
Da decenni ha l’importante ruolo per lo stato teutonico, di finanziatore e motore dello sviluppo. Proprio quel ruolo che i falchi di Berlino non vogliono attribuire alla BCE: a trarne vantaggi è solo il sistema tedesco.
La KFW infatti svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico, rendendosi artefice anche di salvataggi di aziende e banche. Interventi che agli altri paesi non verrebbero mai concessi ma che Berlino continua a far passare come interventi non pubblici, a dispetto della proprietà dell’istituto che è al 100% pubblica.
Ma come può la Germania ad aggirare tutti i divieti europei?
Ci riesce appellandosi a dei criteri contabili che permettono di escludere dal computo del debito pubblico quello delle società pubbliche che coprono i propri costi per oltre il 50% con ricavi di mercato.
La KFW rientra in questo criterio, ma ciò non toglie che se qualcosa andasse storto, il governo federale garantirebbe le sue obbligazioni, esattamente come gli altri Bund.
Due sono gli scenari possibili:
- Questa prassi è una forzatura non consentita: dovremmo quindi domandarci perché l’abbiamo subita per anni lasciando che la Germania ci bacchettasse per decenni;
- La prassi è regolare, perché la KFW può appellarsi a questi criteri: dovremmo allora chiederci perché l’omologo italiano, ovvero la Cassa Depositi e Prestiti, non abbia fatto lo stesso per aiutare le aziende italiane.
Cosa giustifica il fatto che non si sia pensato a uno strumento del genere che ci avrebbe permesso di salvare aziende e banche senza gravare sul debito pubblico?
Un ultimo aspetto da notare è che Massimo Tononi, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, proviene dalla Goldman Sachs.
Esatto, la stessa che ha indotto la crisi sui mercati, la stessa che truccò i conti della Grecia per farla entrare nell’euro, la stessa Goldman Sachs di Prodi e di Draghi, protagonisti della svendita del nostro paese negli anni ’90.
Quanto può aver inciso questa provenienza nella decisione di Massimo Tononi di non tutelarci?
La Matrix Europea, la verità dietro i giochi di potere – Con Francesco Amodeo
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