Nonostante l’emergenza la borsa non chiude: a chi stanno vendendo il nostro paese?

Indipendentemente dal fatto che si voglia fare della dietrologia prendendo spunto dalle tante anomalie che sono emerse sull’esplosione del coronavirus e rilevate da chi afferma che si tratti di un virus indotto o si voglia credere alla versione ufficiale, su un pipistrello che avrebbe indotto il contagio, quel che vale la pena approfondire è: chi sta approfittando di tutto ciò per speculare e fare i propri interessi contro quelli del nostro paese?

Se analizziamo i dati ci rendiamo conto che esistono enormi analogie con quanto accaduto nell’attacco speculativo all’Italia del 1992.

Vendendo la nostra valuta personaggi come Soros riuscirono a guadagnare addirittura un miliardo di dollari in un solo giorno, mentre i potentati bancari che, guarda caso, si erano incontrati contestualmente sul Britannia a largo di Civitavecchia, acquistarono asset strategici, aziende di Stato e banche italiane a prezzi di saldo.

Non sappiamo quanto fu indotta quella crisi, ma ne conosciamo bene il risultato: completa svendita dei nostri beni a speculatori internazionali.

Stiamo per vivere un nuovo 1992, che il virus sia indotto o sia un’epidemia reale, il risultato è che stiamo mettendo nuovamente il nostro paese alla mercé di speculatori internazionali che potrebbero mettere le mani sugli asset strategici rimasti nelle mani dello Stato, lo stesso vale per le nostre aziende e per le nostre banche: tutto a prezzo di saldo.

Chiediamocelo, perché non è stata chiusa la borsa italiana il giorno dopo che il Governo ha reso l’intera nazione territorio protetto e in cui quindi era assolutamente prevedibile il crollo delle borse nel nostro paese?

Prova ancora più evidente della malafede è che non si è messo un blocco alle vendite allo scoperto: in pratica si è riaperto il discount Italia, così come avvenne nel 1992.

Passata l’emergenza coronavirus le nostre aziende avranno urgente bisogno d’ossigeno, gli speculatori internazionali avranno campo libero per rilevare i nostri asset, dall’energia alle telecomunicazioni: aziende che rischiano di finire in condizioni critiche nella terapia intensiva della borsa italiana.


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