La quarantena non basta, il Governatore del Veneto Zaia chiede ulteriori provvedimenti restrittivi all’esecutivo di Giuseppe Conte.
“Non vogliamo essere per forza in contrasto col Governo, ma sono necessari“: in particolare il Presidente leghista si riferisce alla limitazione oraria anche di quelle attività considerate fondamentali al sostentamento, come centri commerciali e alimentari.
“E’ così se vogliamo fermare il virus“, dice ai microfoni di ‘Lavori in corso’, prendendosi anche una piccola rivincita sul modello Vò Euganeo, comune della provincia di Padova messo in sicurezza grazie alla tempestività dei tamponi di massa ordinati dallo stesso governatore veneto.
Ecco l’intervista di Stefano Molinari e Luigia Luciani a Luca Zaia.
Zaia (Gov. Veneto) ►”Mi hanno contestato per aver richiesto le misure uniformi che ora abbiamo”
“Sono per ulteriori restrizioni e per evitare che ci siano assembramenti o affollamenti e anche per la chiusura dei negozi la domenica, quei negozi aperti che sono gli alimentari e i centri commerciali in particolare modo. Così si creano le condizioni ottimali per evitare che il virus si diffonda.
Abbiamo appreso questa sera che il Governo ha la firma del presidente del consiglio per un nuovo Dpcm con misure restrittive, quindi immagino che a minuti o a ore qualcosa uscirà. Ovviamente deve essere chiaro che il provvedimento è superiore alle nostre ordinanze.
Modello Vò Euganeo? E’ un po’ una rivalsa rispetto alle parole che mi sono preso dalla comunità scientifica quando il 22 febbraio decisi di tamponare tutti i 3000 cittadini. In tutta onestà in quel momento avevamo la notizia dei primi due contagiati e la comunità circoscritta nei colli, così ho subito pensato all’angoscia di quelle famiglie. Quel test si è rivelato una grande esperienza di natura scientifica perché mai una comunità è stata testata prima della quarantena e a fine quarantena.
Ne è venuto fuori che quella sera avevamo 66 contagiati asintomatici che nemmeno conoscevano i primi due, immagini come si diffonde velocemente il contatto in una società; così l’intera comunità è stata messa in sicurezza dopo l’isolamento di questi 66 infetti. Ne erano rimasti solamente 6.
Nella mia vita amministrativa ne ho passate tante: catastrofi, terremoti, alluvioni, trombe d’aria, ma amai avrei pensato di occuparmi di un’emergenza sanitaria di questa portata. Viviamo quotidianamente l’angoscia di trovare mascherine pagate a peso d’oro e camici per i nostri pazienti e considerate che io ho 12mila persone in isolamento, più di 3000 positivi e 1200 in ospedale: lo dico a chi dice che questa storia è tutta una montatura.
Lo spiego come lo spiegherei a un bambino: se tutti ci barricassimo in casa il virus non troverebbe più un corpo libero da colonizzare e sparirebbe. Lo dice uno che li ha studiati i virus. Se tutti noi stessimo isolati finirebbe la propagazione del virus.
Vorremmo raggiungere l’immunità di gregge, che è un concetto scientifico molto importante, ma la vogliamo raggiungere senza riempire le celle mortuarie, gestendo questa fase di avvicinamento all’immunità di gregge, limitando i contagi e non sovraccaricando gli ospedali, perché la vera emergenza da affrontare è questa. Se non gestisci i pazienti finisci i posti letto o i respiratori liberi, questa è la vera tragedia.
Lasciatemelo dire: sono stato contestato per aver contestato a mia volta i tre decreti precedenti, ma ora abbiamo quelle misure uniformi che si richiedevano.
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