Siamo ancora sul “plateau”, come si dice. Qualche dato è positivo, naturalmente dobbiamo guardare meno i contagiati e più quelli che si aggravano, che pure stanno diminuendo. E ovviamente anche i defunti.
Possiamo però iniziare a guardare più in là, dopo Pasqua, dopo il 25 aprile, dopo il 1° maggio.
Non credo che all’inizio sarà possibile abbandonare la mascherina: se ce l’abbiamo tutti ha un senso, perché si fa in modo che chi ha l’infezione sia impossibilitato nel contagiare.
La distanza dovrà rimanere quella: non potremo vedere luoghi affollati molto presto e le attività riprenderanno molto molto lentamente.
Non certo l’immunità di gregge, perché per averla l’epidemia dovrebbe sfondare anche al sud, indebolendo ancor di più la penisola e non ce lo possiamo permettere né lo vogliamo.
Aspettiamo quindi che ci sia una cura efficace, alcune cure si stanno dimostrando tali, ma non sono risolutive. La soluzione è sempre la stessa: un vaccino.
In tal proposito i ricercatori di Pittsburgh hanno inventato un modo per inoculare un cerotto con 400 microaghi, che permette l’inoculazione non tra muscolo ed endovena, ma per via sottocutanea.
Se ne stanno sperimentando diverse tipologie che dovrebbero portare alla sperimentazione umana molto prima di quanto ci si aspettasse, ma attenzione: si parla comunque di mesi.
Dobbiamo in ogni caso aspettare che questa fase porti il virus a “sgonfiarsi”: succede sempre, è successo più volte nella storia e succederà adesso. E’ come se il virus compisse il proprio ciclo vitale, arrivando a un momento in cui perde la sua carica virale, anche senza contromisure.
Detto ciò non possiamo mollare le restrizioni, non ora: la bella stagione sta portando pericolosamente già troppe persone in strada. Non riguarda solo loro questa decisione, riguarda tutti noi.
Ditegli, qualora li vedeste, di stare lontani.
GeoMario, cose di questo mondo – Con Mario Tozzi
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