Dado da brodo: nemico o amico? Ecco come farlo in casa

Il celebre estratto “da brodo” è spesso vittima di falsi miti, ma contiene di certo molto sale. Ecco come prepararlo

C’è chi ne esalta la praticità, chi lo demonizza e chi non può farne a meno. Dal 1865 ad oggi, ne ha fatta di strada. È l’estratto di carne, invenzione del chimico e accademico tedesco Justus von Liebig. La sua intuizione ebbe immediatamente un grande successo. L’estratto fu messo in commercio in vasetti particolarmente attraenti, risultava comodo per chi lavorava nelle cucine delle mense, ma anche per le casalinghe, che avevano a disposizione un metodo rapido per insaporire i piatti.

Liebig inoltre aveva un notevole spirito imprenditoriale. Fu egli stesso l’autore di una trovata pubblicitaria, cioè una serie di figurine da collezione nate per promuovere l’estratto. L’invenzione, che sostituiva bene la carne, fu largamente impiegata durante le guerre. Ma la forma che tutti noi le attribuiamo, il dado, arrivò nelle cucine di tutto il mondo, qualche decennio più tardi, grazie a Jules Maggi.

Con il tempo la fama del cubetto, che in realtà è un parallelepipedo, è cresciuta e, pian piano, sono arrivate anche le bufale sul suo conto. Non è vero, come molti sostengono, che il glutammato faccia male. Nessuno studio ha dimostrato l’esistenza di un’allergia all’aminoacido più diffuso nel mondo vegetale. Quel che è vero è che si dovrebbe evitare di ingerirne quantità eccessive. Nei dadi viene aggiunto per esaltare i sapori; qualche marchio lo usa per mascherare la qualità non eccellente degli ingredienti del prodotto.

È vero invece che il dado sia molto salato. In genere il sale costituisce il 50% del peso del prodotto. Ciò non significa che abolendo gli estratti di carne o anche quelli di origine vegetale, il problema “sodio in eccesso” sia risolto. Sarebbe consigliabile limitare il consumo del sale alle dosi necessarie all’organismo (sei grammi di sodio al giorno), senza però privarsi di questo o quell’ingrediente. Solo bilanciando l’alimentazione

Il dado inoltre non è grasso, come spesso si sente dire, e non contiene coloranti. È vero invece che il suo contenuto di carne sia davvero ridotto (una percentuale massima del sei per cento).

I dadi vegetali sono altrettanto comodi e ugualmente demonizzati. Anche questi cubetti contengono molto sale e percentuali variabili di vegetali. Alcuni addirittura solo l’1%. Come quelli di carne, non sarebbero l’ideale per chi soffre di ipertensione e gastrite. Ma non tutti i preparati sono uguali. Leggere l’etichetta è consigliabile quando si tratta di scegliere tra le varie marche disponibili.

In ogni caso, un modo per essere sicuri di aggiungere al brodo o alle pietanze un prodotto dalla composizione ineccepibile c’è: preparare il dado in casa. Basta procurarsi i seguenti ingredienti: 300 grammi di carne di manzo, pollo o maiale; 500 ml di acqua; 350 gr di sedano e carote; 100 gr di odori (prezzemolo, rosmarino, basilico, timo); 300 gr di sale fino; 1 cipolla e due cucchiai di olio extravergine d’oliva. La preparazione è semplice: cipolla e verdure sono la base del soffritto, al quale bisognerà aggiungere la carne tritata e gli odori. Il tutto deve cuocere per due ore, con l’aggiunta del sale. A fine cottura si frulla il composto e lo si versa in un contenitore di vetro rettangolare, lo si fa raffreddare e lo si mette in frigo. Prima è consigliabile suddividere il composto in cubetti, in modo che si possano congelare nel freezer e conservare per due mesi.

Per il dado vegetale, cambiano solo gli ingredienti, mentre il procedimento resta più o meno lo stesso. Ecco gli ingredienti: 500 ml di acqua; 250 g di sedano; 1 carota; 1 zucchina; qualche pomodorino; erbe aromatiche; 300 gr di sale fino; 2 cipolle medie; due cucchiai d’olio d’oliva e uno spicchio d’aglio. Le verdure si fanno rosolare in padella, quindi cuocere per un’ora; dopo 30 minuti si aggiunge il sale, quindi si frulla il tutto e lo si rimette sul fuoco perché l’acqua in eccesso si asciughi. A questo punto si procede come per il dado di carne. Dedicare un po’ di tempo alla cucina fa bene all’umore e significa essere un po’ più sicuri di quello che si porta a tavola. 

Fonte: prodigus.it