Raimondo Vianello, oggi? Avrebbe la stessa efficacia, elegantemente corrosiva proprio perché espressa sempre in punta di lingua, o anche meno: gli bastava un’alzata di sopracciglia, o un secondo di impassibilità nell’espressione del viso, per incorniciare con la sua sottolineatura ironica un evento, un personaggio, la risposta di un interlocutore.
Più naturale la sua eleganza o il tempo, innato, delle sue battute? Insolubile, il quesito, anzi diremmo felicemente non risolvibile, perché seppe essere eccelso – per talento e per garbo naturali – per entrambe le doti. Di certo, come tutti quelli davvero spiritosi, che non hanno bisogno di manifestarlo alzando i toni o esagerando le espressioni, fu innanzitutto maestro di autoironia, uno dei principali segni inequivocabili di intelligenza.
Superfluo, allora, star qui a ricordare in che percentuale e con quale versatilità abbia rappresentato le epoche più fulgide dello spettacolo in Italia, nella declinazione cinematografica come in quella dell’intrattenimento televisivo, senza dimenticare le sue performance radiofoniche. La “spalla” perfetta per esaltare l’istrionismo del Tognazzi giovane; il prototipo del marito italico, più che italiano, impassibile come un opossum di fronte alle lamentele reiterate di Sandra Mondaini, consorte elevata a potenza dalla partnership scenica.
Oggi cosa direbbe? Come commenterebbe la sua e la nostra forzata segregazione? Ci vorrebbe il suo stile, per poterlo dire con esattezza; di certo, oggi più che mai, possiamo dire che renderebbe tutto più leggero, su questo non possiamo avere dubbi.
Paolo Marcacci