Alla fine degli anni ottanta, inizio anni 90’, eravamo la quarta potenza industriale del mondo, davanti alla Cina, un tasso di produttività di diversi punti percentuali, il doppio dei posti letto in ospedale, un debito pubblico al di sotto del cento per cento in rapporto al Pil, una industria di Stato completamente pubblica in cui fiorivano marchi, brevetti e ricerca scientifica, un sistema politico rispettoso delle istituzioni.
Certo alcune gestioni erano un po’ allegre, le nebbie ogni tanto offuscavano le inchieste, qualche amministratore grassava con la complicità dei cittadini a cui faceva favori e con gli imprenditori che finanziavano i partiti per poter lavorare.
Ma dopotutto dove c’è la “ciccia” ronzano gli squali, come del resto dove c’è ricchezza, sviluppo e benessere si accalcano gli avvoltoi e si annidano i corrotti.
È vero che esisteva nel sistema pubblico la raccomandazione, ma era anche facile procurarsela per cui, prima o poi, quasi tutti inserivano un familiare nella pubblica amministrazione.
Dal 1946 ad oggi si conta da stime attendibili che diverse decine di milioni di italiani abbiano praticato tale modalità di accesso per poi, farsi valere all’interno del sistema con le proprie forze.
La raccomandazione a volte durava una vita rappresentando una disgustosa distorsione, ma nella maggior parte dei casi costituiva la “spinta iniziale”.
Poi, vi erano i sindacati che già allora erano più numerosi dei partiti e già allora proteggevano più i loro iscritti che il lavoro.
Ma la disoccupazione reale era la metà dell’attuale e si aveva sempre l’impressione di avere dinanzi una prospettiva, un paese in costante crescita e città che laddove non esplodessero di ricchezza, come il capoluogo meneghino, avevano comunque servizi pubblici efficienti, tante opere pubbliche in continua costruzione e sostegno dello Stato agli insediamenti industriali, anche lì non mancarono abusi, sprechi e speculazioni, ma era lo stesso identico prezzo che pagavano tutti i paesi sviluppati che continuavano a crescere.
Mi ricordo che l’estate Romana iniziava ad aprile e finiva a novembre, in una città pulita, con un trasporto pubblico poderoso, con il bigliettaio sul bus che valeva cento volta l’attuale tecnologia, con una fontanella ogni 100 metri, con dei parchi manutenuti come giardini imperiali, piena di negozi, botteghe… un pizzardone (vigile) ad ogni incrocio.
I giovani si riunivano in comitive, si assembravano nelle piazze … ma soprattutto comunicavano tra loro, si interessano di tutto e facevano anche politica.
E’ vero che a volte si azzuffavano come don Camillo e Peppone, ma vivevano la politica con passione.
E quei monumenti millenari irradiati dallo sfavillio della luce calda dei lampioni del primo dopoguerra, nell’ora vespertina, rendevano l’atmosfera magica ed accompagnavano oziosamente il chiassoso romano all’osteria.
Non c’era ancora il menu internazionale e la matriciana con il ketchup.
La carbonara era quella di una volta, come l’abbacchio allo scotta dito e i fagioli con le cotiche, un bel fiasco di vino dei Castelli… qualche stornello e tutti si sentivano Ottaviano Augusto o Cesare Borgia.
La città emanava un calore ed un sentimento unico, che persino il turista percepiva e si innamorava di Roma.
Oggi, natale di Roma, quella ROMA è sparita, come del resto quell’Italia ambiziosa, anche un po’ truffaldina, ma operosa, considerata un’eccellenza al mondo: dalla cioccolata, alla moda, alla cantieristica… con una classe dirigente che aveva esperienza da vendere, che partiva sempre dal basso, e che trovava sempre una soluzione.
Esattamente il contrario di quello che accade oggi dove ci sono avventizi senza esperienza, che partono dall’alto e che non trovano mai una soluzione e che a Roma accampano continue scuse pur di giustificare la loro inadeguatezza, colpevolizzando persino il passato che ha sempre rappresentato la parte più gloriosa della città eterna.
Tiravano le monetine a Craxi, processavano Andreotti, ammazzavano Moro e liquidavano Fanfani, ma soprattuto facendo leva sulla corruzione distruggevano la politica.
La politica non serve e’ inutile… per cui largo agli inutili: adesso lo si inizia a dire anche della medicina.
Figuriamoci, i cialtroni c’erano in politica come ci sono nella sanità, ma questo non giustifica l’avvento degli stregoni.
Spero che non si faccia della medicina quello che si è fatto della politica.
Anche se l’avvento degli inutili era il frutto di un disegno, anche perché pensate davvero che CRAXI avrebbe accettato una Europa completamente nelle mani degli usurpatori dell’alta finanza?
Mai!
Come tutta quella classe dirigente che aveva mille difetti, ma mai avrebbe abdicato al nulla o venduto il paese.
Craxi aveva ricacciato dal suolo patrio la Delta Force, di un certo Reagan, al cui cospetto i guerrafondai Bush erano dei pivellini.
E non aveva giocato d’azzardo, ma aveva affermato, con capacità rara, la dignità di uno Stato sovrano.
E dove sono tutti questi soldi se nessuno dei figli di costoro è salito agli onori della cronaca per una vita smodata, sfarzosa, anzi, hanno tutti continuato una vita normalissima, facendosi quasi dimenticare.
Altri figli, degli appartenenti al “nulla attuale” sono stati invece coinvolti in violenze, festini, nei luoghi della villeggiatura più danarosa.
Ed allora dov’erano queste immani ricchezze personali?
Visto che in milioni di atti processuali emergeva quasi esclusivamente il finanziamento illecito al partito.
Un corrotto si mette contro gli americani a Sigonella?
Semmai si accorda con l’uomo più potente del mondo.
La schiena dritta della politica italiana doveva essere abbattuta. Questa era la missione.
Perfettamente riuscita.
Altrimenti il mondo nuovo, escogitato dai nuovi potenti, fatto di speculazione finanziaria, senza sentimento e zero umanità, non avrebbe potuto vedere la luce.
Ci pensò la magistratura con l’appoggio della sinistra, dei leghisti di allora, e dei cattivi maestri della comunicazione, con palate di fango sulle istituzioni…
Oggi, di quei giornalisti ne resiste forse soltanto uno che ancora suona la grancassa del nulla, promettendo le manette a tutti, altri sono spariti miseramente dopo aver mostrato i muscoli nella tv di stato.
Persino Violante esponente della sinistra di allora oggi dice, e condivido, che abbiamo impantanato il paese in “leggi labirinto” e distrutto l’immagine del politico e dell’imprenditore considerandoli dei farabutti (termine che utilizzo io) a prescindere. Violante chiede oggi, un ritorno alla fiducia. Ha ragione da vendere. Ma è troppo tardi purtroppo.
Anche la lega oggi, ha cambiato idea.
Destra e sinistra hanno lasciato la politica nelle mani di un comico.
Hanno arretrato colposamente e mortificato il loro ruolo e la loro dignità.
Ma soprattutto hanno contribuito alla distruzione della politica.
Un paese che si affida ad un comico è un paese che fa ridere.
Con l’alta finanza che ancora si sfrega le mani dinanzi al trionfo degli inutili.
Oggi addirittura un governo di 21 ministri si fa sostituire da 17 esperti nella ripartenza del paese.
Esperti si fa per dire, perché nessuno tra quelli selezionati è esperto nei seguenti argomenti: trasporti; ambiente; turismo; infrastrutture; urbanistica; periferie; cultura; scuola; governance locale e soprattutto nessuno esperto in Pubblica Amministrazione.
Un governo che si mette da parte per far spazio a degli esperti “in altro”, soprattutto nel settore privato, transazioni internazionali, negoziazioni e compravendita aziende, poi filosofi, psichiatri, sociologi, statistici, economisti e tanti soliti amici delle “corti” transnazionali.
Ma qualcuno ha contezza del fatto che in Italia soltanto per installare un traliccio servono pareri, nulla osta, permessi, autorizzazioni, abilitazioni a vario titolo e che se non conosci la liturgia amministrativa non sarai mai in grado di fare nulla?
Ecco perché finanche i più titolati manager in politica hanno sempre miseramente fallito.
Lo Stato non è un’azienda ed il diritto pubblico è molto più complesso, diverso, laddove non antitetico al diritto privato.
Forse non è chiaro che la prima riforma da realizzare è la riduzione della burocrazia che quotidianamente stritola il nostro sistema produttivo.
Per allentare quelle maglie senza procurare ulteriori danni servono esperti del settore tecnico-amministrativo e della contabilità pubblica non le qualifiche di cui sopra o di quelle al governo (e nei governi degli ultimi vent’anni, tranne qualche rara eccezione) altrimenti resteremo sempre al palo.
A parte non riesco a capire la dignità di un governo che si fa sostituire nel compito più importante per un esecutivo, ossia quello di governare la programmazione e lo sviluppo di un Paese.
Come peraltro, risulta difficile comprendere quale rispetto abbia di se stesso e della propria attività un parlamento che si autoriduce.
Come se io pensassi di sviluppare lavoro ed occupazione aziendale privandomi del personale.
Un parlamento si riduce perché evidentemente si sente inutile ed improduttivo.
Ma allora se fosse stato onesto avrebbe dovuto dimettersi, piuttosto che ridursi.
Invece si riduce, malgrado si ritenga inutile, pur di mantenere prebende, benefits ed agevolazioni, con lo spirito di chi vive alla giornata, di chi tira a campare, e sa che la riduzione riguarderà semmai quelli che verranno dopo di loro.
Chi si ritiene inutile, ma onesto, se proprio non intendesse dimettersi non taglia i parlamentari che verranno, semmai taglia le proprie prebende, benefits, agevolazioni, ma non perché tali provviste siano oggettivamente inutili, ma semplicemente perché immeritate da soggetti che si ritengono, non a torto, visti i risultati, inutili.
Gli inutili cosa potevano offrire al popolo in sede demagogica pur di continuare a mantenersi in sella malgrado la propria inutilità?
Hanno offerto di ridurre il numero dei prossimi presunti inutili, creando un danno gravissimo alle istituzioni che avrebbero un gran bisogno in quel settore di un numero copioso di persone utili alla causa.
Veri DISONESTI i signori attuali.
Inutili come chi in quel ruolo persegua interessi privati o non sia in grado di perseguirne alcuno.
Che è un po’ la definizione del Parlamento, salvo alcuni… pochi.
La riduzione della burocrazia, dinanzi a 160.000 leggi da sfrondare con sapienza e dimestichezza riducendole perlomeno ad un quindicesimo, avrebbe necessitato con la massima urgenza di un ingente numero di parlamentari capaci, onesti, esperti, con voglia di lavorare h24.
Tutto dipende dalle leggi.
Qualsiasi attività, in qualsiasi settore è regolata, disciplinata e vigilata dalle norme.
Se qualcuno ritiene che in quella cabina di regia non ci sia bisogno di personale, ovvero che ne basti di poco qualificato, mi permetto di ritenere che non abbia compreso quale siano le leve che muovono un paese.
Siamo tutti d’accordo che un Parlamento composto da persone perlopiù inadeguate non serve, ed allora perché ridurlo di un terzo tanto valeva cancellarlo o stralciare una delle due camere visto che svolgono le stesse identiche funzioni.
La Ferrari di quanti lavoratori potrebbe fare a meno?
Perché ne assume ogni anno di più?
Perché evidentemente ha una montagna di lavoro.
E visto che produce manufatti di alta qualità ha bisogno di eccellenze che seleziona con accuratezza. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Il Parlamento avrebbe molto più lavoro della Ferrari per quante norme vetuste, contraddittorie, confuse sono state accatastate sempre più disordinatamente dal 1861 ad oggi, che andrebbero riassettate e macroscopicamente ridotte con maestria senza lasciare alcuno sprovvisto di tutela.
Ed avrebbe bisogno di un numero importante di soggetti molto qualificati, competenti ed onesti, pronti a svolgere il compito più importate, quello di liberare il paese dagli attriti ormai asfissianti di una vera e propria giungla normativa.
Basta vedere l’agire compulsivo, inconcludente, contraddittorio, in un marasma di ruoli mal disciplinati, tra i diversi organi dello Stato che ha prodotto in due mesi una ridda (marea) di decreti legge, dpcm, ordinanze dicasteriali e regionali, salvo poi abrogare rapidamente tutti gli atti precedenti con i successivi, di soltanto qualche ora postumi, perché di dubbia costituzionalità, ovvero perché semplicemente illegittimi per gli scopi utilizzati, come le autocertificazioni Covid (oggi quasi del tutto correttamente soppresse).
Un parlamento inutile, emana provvedimenti inutili ed è inutile sostenerne i costi.
Come del resto un governo inutile, che in Italia seguendo la tradizione si sostituisce con un altro governo inutile, o con esperti inutili semplicemente perché esperti “in altro” o forse perché collocati lì per altri interessi.
Però poi, non lamentiamoci che abbiamo la più alta disoccupazione, la più bassa produttività, il più alto debito pubblico, tasse sul lavoro e sui lavoratori altissime, una burocrazia folle, una crescita pari a zero e prossima alla recessione, oltre ad una rete infrastrutturale che sta cadendo a pezzi…
Chiaramente di tutto ciò gli inutili non si preoccupano.
In fatto di risultati gli inutili non si smentiscono mai, tanto è che perseguono sempre il solito obiettivo: debiti su debiti, in un costante e progressivo degrado ed ammaloramento di ciò che ancora resiste o funziona.
Per dire “no” a tutto, e “tutti a casa” non serve un governo, per l’appunto inutile, ma sarebbe sufficiente un’automa.
I governi inutili ed i parlamenti altrettanto inutili, hanno prodotto perlopiù riforme assistenziali per comprarsi i consensi del popolo e sopravvivere in auge anche se ciò comportasse il picconamento alla base dei pilastri su cui si regge il paese.
Un paese che per finanziare la stabilizzazione della regalia dei 100 euro, quella del reddito di cittadinanza (e di tutti i suoi navigator) e di quota 100, ha tagliato 30 miliardi l’anno soprattutto alla sanità, alla scuola, alla ricerca scientifica ed agli investimenti (basta leggere gli ultimi bilanci della stato in materia di spesa pubblica).
Però gli inutili hanno preso tanti di quei consensi che li hanno portati alla ribalta sulle ceneri del paese.
Urge una REAZIONE PACIFICA, ma rigorosa e pianificata… che estrometta dal palazzo tutti gli inutili, gli affaristi, gli usurpatori, i falsi onesti, gli accattoni, i servi fedeli all’alta finanza internazionale.
Non è difficile, basterebbe prestare attenzione e dare spazio a chi nei diversi contesti e ruoli della pubblica amministrazione locale e centrale, ad esempio, sindaci bravi, e ve ne sono tantissimi, ha dimostrato di saper fare.
Sarebbe sufficiente guardare a chi quotidianamente sfida con successo la burocrazia e mille altre difficoltà, artatamente e disonestamente oscurati da “ingombranti inutili”, spesso semplici scappati di casa, che non hanno alcuna intenzione di mollare l’osso.
Sarà dura, ma ce la faremo, altrimenti meglio essere dominati da una potenza coloniale che da un “esercito di inutili”.
Enrico Michetti