Mi trovo costretto a tornare ancora su come funziona la comunicazione tra gli scienziati, perché in questi ultimi due giorni siamo stati sommersi soprattutto sui mezzi sociali da tante persone che pur non sapendo nulla di scienza hanno voglia di discettarne.
Prendendo coraggio queste persone basano i loro dubbi sulle dichiarazioni del Prof. Montagnier o sul Prof. Tarro.
Io non discuto delle singole teorie di questi professori, ricercatori, virologi ed epidemiologi. Quello che discuto è il metodo.
La scienza non si fa sui giornali o in TV, si fa sulle riviste scientifiche, punto.
Se tu cioè non pubblichi la tua ricerca, da un punto di vista scientifico ciò che dici non vale nulla.
Se il Professor Montagnier, illustre epidemiologo di fama mondiale nonché premio Nobel per la medicina nel 2008, vuole dire che questo virus è di origine artificiale e che verrà sconfitto dalle onde elettromagnetiche perché probabilmente concausato dal 5G, lo deve scrivere su una rivista.
Io non saprei se è vero oppure no, ma certamente lui che è molto preparato adesso non deve fare altro che riportare i suoi dati e mostrare i suoi risultati ai suoi pari che anonimamente potranno così giudicare il suo studio.
Per tutte le riviste del mondo sarebbe un grande onore avere un articolo dalla penna di un premio Nobel, dunque non c’è dubbio sul fatto che verrebbe analizzato e giudicato.
Il problema è che egli dice di basarsi su altri studi da parte di suoi colleghi che sono stati rifiutati dalle riviste.
Qui sta il punto: se uno studio non viene pubblicato da una rivista, vuol dire che non ne è degno.
Nella comunità scientifica funziona così: se il tuo studio ha una corretta metodologia, dati corretti e può essere replicato, viene pubblicato.
Nessuno si occupa delle conclusioni, esse sono personali e non vengono giudicate. Quello che invece viene confutato è il metodo e i dati.
Chi ha qualcosa da dire non si può quindi basare sulla montagna di allori sulla quale si è seduto, ma su quello che produce oggi, cioè un articolo scientifico in una rivista internazionale degna di fede “peer reviewed”: dunque non una rivista predatoria dove sostanzialmente se paghi ti pubblicano l’articolo, ma una di quelle serie, che pure non sono molte.
Scientific American, Science, Nature, The Lancet: qui vanno fatte le discussioni tra scienziati.
Finché non ci sono quelle, non ci sono altro che chiacchiere.
GeoMario, cose di questo mondo – Con Mario Tozzi
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