Sono pugni, anzi cazzotti, detto in modo più verace, le parole di Ileana Argentin, già deputato del PD, Presidente dell’Assemblea regionale del partito e Presidente dell’ALM – Associazione Laziale Motulesi, affetta sin dal primo anno di età da amiotrofia spinale.
Se mi posso permettere, quanto sei incazzata?
“Tanto. Ti faccio notare una cosa: forse mi sono distratta io, ma mi dici Conte quanti riferimenti al mondo della disabilità ha fatto durante le sue lunghe conferenze?”
Cosa rimproveri, in particolare, al Presidente del Consiglio?
“Non ha voluto prevedere un Ministro sulla disabilità, si è tenuto la delega. Non è voluto tornare sulla questione nemmeno in questo regime di straordinaria emergenza, quando avrebbe potuto affidare la questione al Ministro delle Pari opportunità o ad altra figura istituzionale. Intanto la disperazione, nelle case dove ci sono storie di disabilità grave, è una marea montante, ogni giorno di più“.
Cosa sta accadendo, in giorno come questi, nelle case dei tuoi assistiti?
“Sta accadendo che decine di mamme ogni giorno mi chiamano e, tutte, mi dicono sempre la stessa cosa: ci vogliamo uccidere e uccidere i nostri figli. Ti sembra una frase innaturale? Pensa a quelle case dove ci sono storie di disabilità gravissime, o di autismo, anche di adulti, i cui genitori e fratelli stanno realmente impazzendo. Sono chiusi tutti i centri diurni per la riabilitazione e l’assistenza. Come i nostri“.
Con le tre sedi dell’ALM, quanti ragazzi e adulti riuscite ad assistere?
“Ne abbiamo settecento. Settecento storie, quindi settecento famiglie, lasciate a loro stesse…“
Cosa riesci a fare, con queste restrizioni?
“Nei casi più gravi ho scelto di inviare il servizio a casa“.
Lo potevi fare?
“Non so se lo potevo fare. Però l’ho fatto. Per esempio, nella casa dove vivono due gemelle, con deficit fisici e mentali pesantissimi, dove non c’è aiuto di alcun tipo. Hanno parenti che vivono lontano e, abitando in un luogo un po’ isolato, nemmeno un vicino che possa fare il favore di portare il pane. Prendi la solitudine che tutti voi “normali” state soffrendo è moltiplicala per un milione. Lo stesso vale per il concetto di sopravvivenza“.
A parte Conte, da quali altre figure delle istituzioni sei stata delusa?
“Tradita, non delusa. Sicuramente dalla sindaca Raggi e da vari amministratori locali. Dalla Regione, anche“.
Tutto questo, tra qualche tempo, sarà servito a qualcosa?
“No, non credo. Non sono una pessimista, per natura. Anzi…però vedo che non ci si rende conto. I ragazzi con disabilità grave, o gli autistici, la mascherina se la strappano dopo un secondo. Ci propongono di riaprire ma con soltanto sette ragazzi per modulo, attuando un distanziamento che, come richiesta, è irragionevole, per chi conosce numeri e modalità del nostro mondo. Non esiste. E voglio ancora precisare un concetto: l’operatore non serve solo per assistere il disabile, ma anche per permettere ai familiari di uscire a fare la spesa, a pagare una bolletta“.
Se dovessi esemplificare, per politici e amministratori, le difficoltà delle famiglie, che storia racconteresti loro?
“Racconterei la storia di Eura, una signora di sessantacinque anni. Eura ha un figlio, Marco, che ovviamente pesa come un uomo ma non si muove e ha un deficit intellettivo importante, perché è come un bimbo di due anni, più o meno. Questa donna sta impazzendo: la badante non vuole andare a casa sua, al tempo stesso non può più portare il figlio in un centro. Tra l’altro, per rendere ancora meglio l’idea dei costi emotivi in certe situazioni, ti racconto che Eura ogni giovedì sera andava a ballare in un circolo; lei viveva tutta la settimana per quelle due ore di evasione. Ora chiaramente non può più farlo, ma al tempo stesso non può nemmeno comprare una rivista per distrarsi una decina di minuti. Chissà se Conte ci verrebbe, assieme a me, a casa di Eura, a farsi una passeggiata per vedere come si vive, in questi giorni, nelle case dove ci sono storie di disabilità così gravi, con un governo che si gira dall’altra parte…“
Paolo Marcacci