“Vedo una Federazione debole nei confronti delle Leghe“. L’impressione, importante e autorevole, perché esposta da un uomo di un’esperienza difficilmente raggiungibile nell’imprenditoria “classica” e calcistica allo stesso tempo.
Per Maurizio Stirpe il problema è chiaro: nessuno riesce a vedere al di là del proprio naso, lo dice a chiare lettere nell’intervista concessa ai nostri opinionisti a Radio Radio Lo Sport, dove denuncia un sistema calcio che in questo momento di sistema sembra avere ben poco.
“I miei colleghi pensano che portando avanti i propri interessi fanno il bene del sistema, ma è esattamente il contrario“, sostiene il presidente del Frosinone, secondo cui il riavvio delle attività sportive prima della fine dell’emergenza coronavirus è folle, visto che non tiene conto del motore d tutto: i tifosi.
Ecco l’intervista completa a Maurizio Stirpe.
Maurizio Stirpe: “Il calcio è dei tifosi: si riparta a fine emergenza; chi dice il contrario ha interessi di retrobottega da tutelare”
“Diciamo che anche ai massimi livelli essere comprensivi e predisposti al dialogo dovrebbe essere la regola, non un’eccezione. Non scomoderei Gesù per descrivere come si sente chi in Serie A non si comporta così, direi che hanno sempre la volpe sotto l’ascella, pensano di essere sempre un po’ più furbi degli altri e spesso non sanno ragionare come sistema. Pensano che facendo i propri interessi giovano al sistema, ma è esattamente il contrario.
Vivo con molta preoccupazione e anche con un tantino di angoscia la situazione attuale, diciamo che la macchina si è fermata e far ripartire un ciclo produttivo tipo quello che abbiamo noi richiederà tanti sacrifici e anche un tempo non necessariamente breve.
Sul calcio pesco che ci stiamo perdendo in tante discussioni sciocche, chi parla di titoli, di retrocessioni, di giocare a Ferragosto o a settembre.
Secondo me dobbiamo guardare in faccia la realtà, cioè ricominciare a giocare quando ci sono le condizioni di sicurezza per tutti, non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per i tifosi: senza di loro l’evento sportivo non avrebbe alcuna ragione d’esistere.
Molti miei colleghi dimenticano che i tifosi sono i veri proprietari del calcio, senza di loro non ci sarebbe l’interesse delle televisioni, degli sponsor, né quell’entusiasmo che spinge i presidenti a fare investimenti in un settore che è per definizione fallimentare.
Non possiamo far stancare i tifosi che in questo momento combattono un’emergenza ben diversa da quella relativa al pallone.
E’ evidente che i verdetti debbano essere decisi sul campo, ma è altrettanto evidente che ci devono essere tutte le condizioni di sicurezza, perché se c’è un contagiato in un hotel o tra i collaboratori di campo si ripiomberebbe nel baratro un’altra volta con un grave danno di immagine. Bisogna recuperare quelle condizioni e poi capire che in questo momento il calcio, come altre attività, in questo momento ha valore pressoché pari allo zero. Si deve ripartire da un ridimensionamento del monte ricavi, che deve essere conseguibile, e ricreare tutta la filiera dei costi, inclusi i costi dei calciatori.
Io dico che la stagione va finita sul campo, ancora non è detta l’ultima da questo punto di vista, ma sono pessimista: non riusciamo a convincere le organizzazioni sindacali a rientrare in azienda con tutte le sanificazioni e le protezioni, perciò non riesco a capire come faremmo a garantire controlli dei tamponi ogni tre giorni ai giocatori. Non siamo stati capaci di fare i tamponi in Lombardia, dove le persone ne avevano bisogno e ora saremo capaci di fare un servizio del genere ai calciatori? La gente ogni tanto penso che o ha voglia di scherzare o non ha contatto con la realtà.
Il Frosinone giocherà quando il Governo dichiarerà cessata la fase d’emergenza. Ogni discussione fatta non tenendo conto di questo è oziosa e sempre portata avanti da qualcuno che ha qualche interesse di retrobottega da tutelare.
Il problema è questo, c’è diffidenza, ignoranza, arroganza e l’incapacità di ragionare come sistema: le riunioni di Lega sembrano la prosecuzione delle partite di calcio.
Il mondo imprenditoriale “classico” è molto più preparato del mondo imprenditoriale del calcio. Io sono entrato nel calcio perché volevo si parlasse del mio territorio, c’era una forte radicazione del mio intervento a favore del mio territorio, altri entrano per visibilità, altri per interesse, altri per ottenere qualcosa che non riescono a ottenere nelle proprie attività professionali. Il mondo dell’imprenditoria professionale è molto più preparato di quello calcistico per questo.
Soltanto Crotone e Benevento promosse in A? La Federazione non può intervenire su modalità decise dalla Lega, siamo già pronti a fare ricorso alle autorità giudiziarie.
Inoltre detto inter nos, sul Benevento in quanto a meriti sportivi non c’è dubbio, ma sul Crotone che ci precede di due punti e sarebbe dietro se ci fossimo fermati una partita prima, che è stata una partita disputata a porte chiuse dove la terna arbitrale ne ha fatte di tutte e di più, francamente c’è poco merito sportivo“.
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