Sigfrido Ranucci ► “Al sud si rischia il collasso: abbiamo trovato impianti d’ossigenazione abbandonati”

Dal caso Val Seriana nel bergamasco all’impreparazione del sud: gli errori nell’emergenza coronavirus hanno caratterizzato tutto lo stivale, con il minimo comune denominatore degli interessi economici: da una parte quelli che ci sono già stati in Lombardia, nell’intervallo di tempo in cui Codogno è stata resa zona rossa e il resto della Regione migrava verso il sud; dall’altre quelli che caratterizzano disagio sociale e incuria delle strutture sanitarie al sud d’Italia.

Sigfrido Ranucci fa particolare rifermento alla Campania facendo il quadro della situazione a ‘Un giorno speciale’, dove ha anticipato qualche tema della nuova puntata di Report in onda stasera.

“Gli interessi economici hanno aiutato il contagio. Al sud abbiamo trovato impianti di ossigenazione abbandonati” ► Sigfrido Ranucci

Perché aspettare per fare la zona rossa?

Parleremo innanzitutto del Bergamasco, del caso Val Seriana, dove c’è stato un tasso di mortalità tra i più alti d’Europa. Abbiamo la testimonianza inedita di un pronto soccorso a Nembro che potrebbe essere la causa della diffusione del contagio.

Perché non è stata subito fatta la zona rossa? Forse ha prevalso una zona grigia, dove gli ci sono stati interessi economici che hanno alimentato sottovalutazioni ed errori.

Il “miracolo” Veneto

In Veneto è stata presa una decisione diversa rispetto a quella suggerita dal Ministero della Salute, sono riusciti a contenere il contagio e addirittura a non avere medici contagiati negli ospedali pubblici di Padova: sembra quasi un miracolo, in realtà è il frutto di un’organizzazione straordinaria.

“Campania, senza prevenzione si rischia il collasso”

Campania? Se non si adottano misure di prevenzione si rischia il collasso in pochissimo tempo, siamo già vicini ora a riempire le terapie intensive. Siamo anche andati a vedere gli impianti di ossigenazione dentro gli ospedali e ne abbiamo trovati molti completamente abbandonati.

Cure porta a porta a Bologna

Nel dipartimento di medicina di Bologna si sta sperimentando una tecnica completamente diversa, si va a cercare cioè il virus a casa. Cercano di curare preventivamente il malato dai primi sintomi (dopo aver accertato il contagio) e con degli antivirali in modo che non arrivi a degenerare e arrivare a delle situazioni per cui si va a riempire la terapia intensiva. L’hanno già esteso all’Imolese, probabilmente lo faranno anche con Bologna portando assistenza alle persone che sono a casa. Un modo diverso di vedere la sanità che è quello che dovremo rivisitare una volta che finirà questa storia.
La sanità deve essere pubblica con un solo cervello al vertice.

I direttori sanitari non devono essere espressione della politica, ma della meritocrazia e della coscienza: in Veneto hanno un professore che da questo punto di vista è spettacolare.
In Sicilia ancora non sono stati fatti i tamponi a delle persone che erano contagiate perché gli è stato chiesto: “Ma voi venite dalla Lombardia o dal Veneto?”.
Stanno ancora cercando il paziente zero mentre una persona che era stata a contatto con dei coreani aveva trasmesso il contagio ai suoi colleghi: e tu gli vai a chiedere se viene dalla Lombardia o dal Veneto? Questa persona purtroppo poi è deceduta.


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