Apparentemente è soltanto un consiglio cinematografico per la serata di oggi, su Rai Movie alle 23.25, del quale gli ascoltatori di Radio Radio non hanno nemmeno bisogno, nella maggior parte dei casi. Chi ancora non lo avesse visto, però, si godrà anche, tra le altre cose, un thriller fenomenale, come peraltro dimostra l’Oscar che all’epoca si meritò come miglior film straniero.
Siamo a Berlino est nel 1984; la Stasi, la famigerata polizia segreta della – cosiddetta – Repubblica Democratica Tedesca, tiene sotto controllo un cittadino su tre, perché questa è la proporzione. La storia non ve la accenno perché, se vi fidate della “dritta”, la scoprirete da soli una scena dopo l’altra.
Ma… se non fosse più solamente un film sulla vita dei cittadini della Germania comunista negli anni della Guerra Fredda? Se fosse, nel frattempo, divenuto metafora di qualcos’altro?
Alla luce del periodo che stiamo vivendo, non possiamo non allargare il campo delle riflessioni: tra droni che volano sempre più bassi, runner braccati sul bagnasciuga, vere e proprie task force efficientissime nel presidiare aree urbane e non, in quanti di noi si è ingenerato – visto anche il tempo a disposizione – il meccanismo del controllo sulle esistenze altrui? Le uscite del vicino di casa per la spesa, la chiusura sospetta di un balcone che fa pensare a una fuga riuscita per Pasquetta, lo scooter acceso da un condomino per andare chissà dove: pensate agli sguardi, che pesano il volume della busta della spesa altrui – “Compra poca roba perché così esce ogni giorno…” – o che scrutano dentro le automobili di passaggio.
Se vi sembra un discorso totalmente campato in aria, godetevi comunque un film bellissimo; se però doveste rifletterci un attimo in più, pensate se non stiamo erigendo, anche inconsciamente, un po’ di muri, seppure invisibili e per questo più pericolosi, pur senza essere a Berlino prima del 1989.
Paolo Marcacci
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